Le parole del sesso taciuto

La sessualità e le sue legittimazioni. Viaggio nel godimento da De Sade a Lacan. False emancipazioni e mondi che spariscono. Utopie negative e liberazioni presunte. Rivendicazioni e corto circuiti. Generi tra natura e cultura: Judith Butler. Antropologia transessuale. Il bisturi e gli ormoni. La sindrome di Klinefelter e quella di Morris. Pandroginie culturali e androginie psichiche. Castità e integrazione. Feticismi e riciclaggi. Il corpo nel biocapitalismo. Normativizzazione giuridica del piacere. Antagonismo sociale e public relations. Il parricidio da Adorno a Deleuze. Sovversioni linguistiche e normativizzazioni giuridiche. Liberazioni e consumo. Problematiche dell’adozione. Liberismo permissivista e neo-tribalismo. Pinkwasching e omonazismo. I gay e l’ecumene. La sacralità del sesso domestico. Esperienze indicibili e identità plurali. Forme dell’omogeneizzazione. Preistoria della coscienza e archetipi sessuali: da von Baader a Jung. La disperazione del piacere. Negli interstizi.

 

1. Tra bordello e confessionale

L’esibizione grottesca di temi controversi e la sistematica demolizione dei luoghi comuni del politically correct rappresentano il fulcro su cui si dipanano le graffianti vicende di Mr. Wiggles, l’irresistibile fumetto di Neil Swaab. Una satira delle pretese di cambiare il mondo attraverso il presunto uso corretto delle parole si trova in una striscia dove uno dei due protagonisti fissi, il ragazzo pelato, afferma: «Penso sia proprio stupido dare un nome ai figli in modo del tutto arbitrario, prima ancora di sapere che tipi saranno. […] Secondo me i bambini dovrebbero sceglierselo da soli.» Risponde il suo migliore amico e intestatario della serie, l’orsetto depravato: «Hai ragione: fondiamo un movimento per far riconoscere questo diritto.» E quindi, 30 anni dopo, un ragazzo ed una ragazza si presentano con queste parole: «Ciao, sono Unsaccodimuscoli»«Piacere di conoscerti, Unsacco, Io sono Gattina Luccicante Sofficina Miao Miao Miao.» [1] In un’intervista, alla domanda se mai avesse avuto l’impressione di aver «davvero esagerato», l’autore dichiara: «il mio ‘confine’ è situato in un posto diverso rispetto alla maggior parte delle persone.» [2] Autori come Swaab permettono a tutti di estendere questo confine almeno un po’, aiutando a esplorare un territorio discorsivo sempre più affollato di pretese e, al contempo, sempre più costretto a convenzioni  e inibizioni.

pastedGraphic.pngUno dei luoghi comuni oggi maggiormente diffuso riguarda le liberazioni a cui, dopo secoli di repressioni, la sessualità andrebbe incontro. Contraddice questa idea Foucault che, cercando di comprendere in quale modo sia accaduto piuttosto che comportamenti sessuali siano diventati «oggetto di sapere», afferma che la trasformazione del desiderio in discorso, tipica della modernità, abbia assecondato le formulazioni tipiche del confessionale. [3] Le prescrizioni catechistiche definiscono il sacramento della riconciliazione come l’atto in cui l’uomo affronta il proprio peccato assumendosene le responsabilità e favorendo una nuova apertura a Dio e alla comunione con la Chiesa: [4] in maniera sorprendentemente affine, il marchese da Sade, campione di libertinismo, definendo Dio come «la più spregevole delle chimere» [5] e, riconoscendogli comunque un primato, esamina puntigliosamente e con dovizia di particolari i moventi e le manifestazioni di atti compiacentemente definiti «peccaminosi».

Considerando ciò, sembrerebbe che oggi, proprio mentre il discorso sulla sessualità invade tutte le sedi pubbliche, anche nelle forme tradizionalmente reputate «perverse» e da Freud stesso rubricate come «aberranti», si registra al contempo una quasi completa rimozione di tutte le circostanze e d’ogni dettaglio su cui la sessualità concretamente si fonda e articola: insomma, in qualche contorta maniera, la censura ascritta ai nostri antenati è stata realizzata proprio da noi, convinti di essere tanto aperti.

Forse, da una parte si rende ragione all’idea di Foucault che il sesso dipenda dalla sessualità: pertanto, tacerne le circostanze effettive dovrebbe ribadire le preoccupazioni del filosofo di trascurare i comportamenti sessuali per concentrarsi piuttosto sul modo con cui questi diventano oggetto di conoscenza [6]; di fatto, il filosofo fu piuttosto riservato sulle sue non convenzionali attività di stampo omosessuale, e apparentemente per nulla interessato a ricavarne qualche teoria né tantomeno ad apologizzarle. Tuttavia, tale passione speculativa spiccatamente contemporanea non trova poi oggi molto riscontro: infatti, oggi le maggiori attenzioni sulla sessualità non riguardano tanto il renderla oggetto di uno specifico campo del sapere, quanto nel collegarla a differenti pratiche istituzionali di legittimazione, e si accompagnano con una propaganda che coerentemente con il proprio statuto non ammette alcun contraddittorio.

Questo determina una situazione piuttosto paradossale: infatti, da una parte, è rivendicata piena libertà nella propria sfera intima, dall’altra sembra che si aspetti il permesso di qualcuno a conferire piena legittimità a un atto che allo stesso tempo si vuole naturale, e però nessuna discussione effettiva è resa possibile nelle forme di comunicazione prescelte per promuovere le tematiche gay, con buona pace di un opinione pubblica che si affanna a ossequiare quanto fino a ieri disprezzava, mantenendo comunque invariata una desolante pochezza di argomenti.

Nonostante la povertà dei discorsi più ricorrenti, le parole sembrano sostituirsi del tutto ai corpi laddove l’attenzione alla sessualità ha definitivamente trasposto il sesso in discorso, permettendo così a varie forme di potere di stabilirvi i propri appigli. Tuttavia, se davvero interessa comprendere il rapporto del sesso con il linguaggio e la conoscenza, tali dispositivi vanno demistificati, senza nessuna concessione né a vecchi pregiudizi né agli stereotipi predominanti: insomma, nessun assurdo e dannoso “integralismo delle differenze” deve essere avallato. Gli argomenti che costituiscono tale cruciale e complessa questione riguardano tutti, e ognuno di noi dovrebbe essere chiamato a farsene un’idea a prescindere dagli orientamenti personali. Per sbarrare il campo ad ogni forma di “buonsensismo” omogeneizzante, vengono qui portati a convergenza diversi stili: la discussione filosofica, lo studio di dati e documenti e, laddove necessario, l’uso di un linguaggio che possa rispondere realisticamente a quanto in oggetto.

Come chiunque può constatare, il “divin marchese” non si faceva scrupoli nel descrivere sborrate felicemente infeconde e poderose leccate d’ogni orifizio, chiuso in un carcere con null’altro che una penna e un bastone per soddisfare le proprie voglie; oggi, mentre si promuove l’amore gay nei cartelloni pubblicitari e nelle scuole elementari, ponendo ogni cosa nella prospettiva della ragione sociale, si tralascia che si tratti di cazzi, fiche, tette, culi, o giù di lì. Foucault stesso ci fa comprendere come Sade e il sadismo, costituendosi quale «sragione privata», passino attraverso la riacquisizione di ogni follia al dominio della natura, dove il «linguaggio paziente» ne consegna le parole all’avvenire. [7] Oggi, questa non-natura e questa sragione, dominate dal vuoto e da un’illimitata «assenza di proporzioni e di comunità», giganteggiano nel discorso pubblico; a permetterlo è probabilmente il sorprendente rapporto di complemento e rivelazione individuato da Lacan tra il diritto al godimento espresso da Sade e l’impersonalità alla base dell’imperativo categorico kantiano, laddove il godimento rivendicato da Sade rivela l’interdizione del desiderio incestuoso e l’affermazione della Legge del Padre, così come la legge morale per Kant esclude ogni sofferenza ed è un piacere «infallibile». [8]

Il “male” al quale si appella Sade potrebbe essere, come suggerisce Simon Critchley, un altro modo di chiamare il “bene”; l’interpretazione ha un suo fascino, ma Žižek la demistifica affermando che il vero “orrore” non è l’umanissima depravazione sadiana, ma l’etica di Kant, profondamente oltre l’umano, la cui esigenza avrebbe comunque aperto il campo all’esperienza di Sade. [9] Ed è proprio a letto che questi due personaggi si incontrano, come ci fa comprendere Perniola [10]: la passione fanatica verso la soddisfazione del proprio piacere capace di usare sfrenatamente gli altri e se stessi, a cui lumeggia quello sporcaccione patentato del marchese, può essere compresa sulla base dell’incondizionatezza del reciproco donarsi e sul diritto di disporre dell’altro nella sua totalità, che per il dandy incompreso Kant si compie proprio nel matrimonio, [11] non certo nell’avvilente volontaria profanazione di sé rappresentata dal masturbarsi. [12] Contro le pretese delle anime belle, l’unione intima sovverte la massima fondamentale che l’altro deve essere fine a sé, e arriva quindi a disciplinare pure la pulsione di morte, la cui intrinseca coerenza ne permette la realizzazione in virtù sua, essendo tale pulsione agli occhi del buon senso meno scandalosa dell’esigenza di interpellare una realtà innominabile eppure onnipresente, quale quella che Kant definiva noumenica.

Pur ritenendo non conoscibile un incondizionato soltanto pensabile, Kant lo immaginava realizzabile nell’azione di una libera volontà: [13] il suo appello è ancora attuale laddove nel comportamento quotidiano perlopiù si evita accuratamente di agire in vista di un dovere etico depurato dall’interesse personale, e perlopiù si prescinde da realtà ideali oppure le si manipola in modi più o meno biechi. Superare l’umano ci rende degni di essere umani: al di là della cronologia, e oltre l’equivoco di una riduzione all’«obbedienza alla persona» di cui Nietzsche accusa Kant per stigmatizzare l’assolutismo politico della propria epoca, [14] Kant sorpassa Nietzsche esattamente dove questi gli spiana la strada. Tralasciando le simpatiche frecciatine che indirizza alla «tartuferia tanto rigida quanto virtuosa del vecchio Kant», [15] sono proprio le martellate alle «false certezze e convinzioni che sono peggiori delle menzogne» [16] possono fornire il senso di un’universalità aperta e non assolutizzante, fondamento conoscitivo trascendentale che non nega le ragioni particolari e piuttosto le sollecita e le afferma, permettendo all’esigenza di concettualizzazione di non tradire né metafore, né cose. [17] Questo può aiutarci anche a comprendere meglio i limiti di una contemporaneità solo apparentemente “emancipata”.

Oggi tutti parlano di sesso identificandolo in maniera molto stretta con criteri soggettivistici di piacere scrupolosamente taciuti, ed è generalmente riconosciuto come una sorta di obbligo sociale, né più trendy o noioso di tanti altri, in qualche modo depurato delle componenti sovversive o metafisiche che in altri periodi potevano essergli ascritti, ed è soprattutto la masturbazione ad essere beatificata, spesso non senza una accanita seriosità. Non discuto se ciò sia un bene o un male (termini inadeguati a descrivere i fenomeni in oggetto), e nemmeno mi interessa troppo esprimermi a favore o contro qualcosa (già imperversano troppe chiacchiere insensate e non ambisco a tirarmi dietro le ire degli stolti di ogni parrocchia). Eventuali valutazioni e giudizi dipenderanno dal tentativo di comprendere la logica di una “follia” che, proprio perché ha invaso ogni discorso, chiede venga restituita alle parole una possibile solidarietà con un mondo che, non da oggi, sembra costretto alla sparizione dallo stesso linguaggio con cui è nominato. [18]

 

2. Distopie e bispensiero

Configurando una delle utopie negative più compiute, George Orwell in 1984 (1949) ha avvertito in maniera molto netta rispetto ai rischi di riduzione del significato comportati dagli strumenti di comunicazione di massa. La denuncia è condivisa anche da altri romanzi di fantascienza sociale, tra i quali Il mondo nuovo (1931) di Aldous Huxley e Fahrenheit 451 (1955) di Ray Bradbury; le opere, pur condividendo alcuni tratti ne presentano altri piuttosto diversi. Orwell descrive una società bellicosa violentemente egualitaria basata sulla repressione sessuale e dominata dal castigo. L’ambientazione di Huxley è quella di una società pacifica dove il permissivismo è regola, ma la manipolazione genetica determina un rigido sistema di caste. Bradbury si concentra su falsità dei rapporti e alienazione personale in un mondo sull’orlo di un conflitto prossimo a distruggerlo. Tutte e tre le opere s’interrogano sulla crescente incapacità dell’uomo di chiedersi perché: i loro temi ancora ci riguardano. 1984 approfondisce il tratto indagandone le premesse teoriche in alcuni capitoli e in una specifica appendice dal titolo I principi della neolingua, i cui argomenti possono farci comprendere quante delle aberrazioni descritte sono rintracciabili negli attuali usi linguistici.

La neolingua comporta un lessico semplificato e riduttivo che tende a «’diminuire’ le possibilità del pensiero» e attraverso il quale si esprime il «bispensiero», [19] un vero e proprio «sistema filosofico» [20] che avrebbe dato pieni risultati entro un secolo. I suoi dispositivi linguistici permettono «la capacità di condividere simultaneamente due opinioni palesemente contradditore e di affermarle entrambe» [21] e quindi di sostenere come veri due assunti che, oltre ad essere palesemente inconciliabili, si escludono reciprocamente: l’espressione tipica è «’nerobianco’», alla quale possiamo riportare numerose altre forme linguistiche, nelle quali il contenuto logico di una parola e il senso preciso dell’oggetto designato tendono a svanire a favore della sua sovraesposizione emotiva.

Le espressioni della neolingua non sono definite dalla forma retoriche tradizionali, quali il paradosso (la cui deformazione è evidente e tende a contraddire implicitamente ciò che afferma), l’ossimoro (per il quale la contraddizione tra i termini è palese e mira alla ricomposizione fra gli estremi) o la litote (riduzione semantica la cui sproporzione rivela ciò che apparentemente nega); non riguardano la posizione di un’antitesi dialettica (perché ogni antitesi e ogni dialettica vengono a cadere dove vige un’arbitraria indistinzione tra i termini) e neanche rappresentano la dichiarazione di qualche assurdità constatata nelle concrete condizioni della vita.

Pur violando apertamente il principio di non-contraddizione alla base della logica aristotelica e facendo precipitare la realtà in un’impossibilità di discernere che rende tutto vero e falso al contempo, il bispensiero non comporta una revisione e un ampliamento degli strumenti conoscitivi, ma conserva il tradizionale rapporto tra identità e opposizione che consiste nel pensare l’opposto in esclusiva funzione dell’identico. Questo inibisce la capacità di concepire l’alterità in quanto tale, che invece rappresenta l’esigenza teoretica della nostra epoca; tale incapacità si mantiene nell’annullamento delle diversità tipico della comunicazione contemporanea. [22] Tale deficienza caratterizza anche le opposizioni parziali e i radicalismi di maniera, segnando la comprensione di esperienze tradizionalmente fuori dalla razionalità eppure decisive per la sua comprensione, tra le quali il sesso e la guerra. [23]

Per Orwell il bispensiero avrebbe superato la convenzionale divisione tra conservatori e progressisti: infatti, le sue preoccupazioni risultano piuttosto simili a quanto formulato nell’ambito della controcultura giovanile politically correct presso i college americani durante gli anni ’80 e ’90 in sostegno delle politiche identitarie delle minoranze, soprattutto razziali e di genere. Dobbiamo al politically correct l’uso della locuzione «di colore» per indicare i neri, «non udenti» per gli affetti di sordità, «diversamente abili» per i portatori di handicap, e tutta una serie di giri di parole privi d’attinenza con la buona educazione e spesso rifiutati o irrisi dai loro stessi destinatari, che hanno perlopiù favorito la diffusione di un linguaggio stereotipato e pregiudiziale

Il politically correct, inizialmente convinto che sarebbe stato stato possibile modificare la società in virtù di manipolazioni sulla sua immagine introdotte da una cultura popolare tesa all’eliminazione d’ogni tipo d’offesa verbale vera o presunta, cadde piuttosto presto vittima, come ricorda la stessa Naomi Klein che ne condivise i principi, dello specchio del proprio inconcludente e distruttivo narcisismo, per diventare così preda delle pretese del marketing e del branding, da cui fu definitivamente inglobata. Attivismi legati a rivendicazioni parziali e privi d’adeguata contestualizzazione economica sono stati utilizzati dal capitalismo finanziario, per essere poi riconvertiti dalle multinazionali in pubblicità. La cultura priva di dispositivi capaci di regolamentarla è semplice chiacchiera; il sociale, senza una politica che la organizzi, è pura dispersione: è stato proprio l’idiotismo semplificatorio, lamentoso e castrante del politically correct a far comprendere come l’assenza di un disegno politico complessivo possa rovesciarsi in un conformismo ancora più radicale e ridursi a banale spot. [24] Tutto questo contribuisce a definire un quadro che rende difficile riconoscersi negli schieramenti politici di ieri, la cui capacità di essere significativi è ormai definitivamente andata perduta: se questo di per sé è un’autentica liberazione, i più arretrati sono proprio quelli che, tradendo il peso dei propri condizionamenti, ancora si attardano in presunte “liberazioni”.

 

3. Le differenze della diversità

Consentire gravidanze alle donne in età avanzata e sottrarre figli alle persone anziane. Favorire colture di embrioni umani per scopi medici e indignarsi delle sperimentazioni di medicinali sugli animali. Contrastare le coltivazioni di OGM vegetali e poi favorire forme di manipolazione genetica sulle persone. Porre attenzione ossessiva alle questioni alimentari e vivere in condizioni sanitarie pietose. Rifiutare cure mediche effettive mentre ci si rimpinza di droghe o placebi. Avallare legislazioni di controllo che sospendono il diritto e ritenere regolamentare l’assenza di garanzie sociali. Astrarre dalla violenza diffusa alcuni casi di omicidio e preoccuparsi più di coniare nuove parole dal gusto settario come “femminicidio” che di risolvere la generalizzata incapacità di relazione. Numerose cortocircuiti logici, largamente assunte dal senso comune come convenzionali forma di rivendicazione, sono spesso derivati dal politically correct e sono pienamente ascrivibili al bispensiero.

Un esempio piuttosto recente di questa tendenza alla diffusione della neolingua è offerto dalla proposta di una consigliera comunale veneta, poi in discussione anche a Bologna, raccolta dalla ministra Kyenge e già emersa nella Spagna di Zapatero e nella Francia di Hollande, per la quale fosse opportuno che le «discriminatorie» e «obsolete» parole “padre” e “madre” presenti nei moduli di iscrizione agli asili nido andassero cancellate e sostituite con le indifferenziate diciture “genitore 1” e “genitore 2”.[25] Nonostante che in questo modo si vada incontro perlomeno nella burocrazia ai nuclei omogenitoriali, sembra altrettanto discriminatorio sostenere che proprio le differenze di sesso, invece di esprimere un possibile arricchimento reciproco, siano una vergogna e che crescere con una madre e un padre sia di per sé problematico, quasi come se i bambini nascessero davvero sotto i cavoli. A questo punto, se vogliamo essere davvero coerenti, occorre considerare che anche i numeri ordinali esprimono una “disdicevole” preferenzialità, perché l’uno viene sempre prima del due, mentre la parola genitore appartiene in maniera “inaccettabile” al genere maschile.

Indipendentemente da singoli casi, “padre” e “madre” hanno sicuramente significati più ricchi di un titolo accompagnato da numeri, mentre la capacità generativa non è certo da sottovalutare, per quanto il suo esercizio non definisca più né le donne, né le famiglie. Possiamo ammettere il femminile nel maschile e viceversa, ma non è obbligatorio mescolarli oppure annullarne le distinzioni; possiamo riconoscere l’esistenza di codici culturali alla base dei generi e della sessualità e anche disgiungere i rapporti dall’eterosessualità obbligatoria, ma è difficile contestare che i figli siano generati da un padre e da una madre. I problemi effettivi  probabilmente riguardano l’assenza di una politica capace di rapporto con la società, laddove la società è priva di rapporto con le sue componenti e, in definitiva, pure con se stessa: il dramma è che i bambini oggi hanno “soltanto” due genitori, se li hanno, e si disconosce l’appartenenza dei figli anche a città e territori dove, a saperli vedere, si sono mantenuti a lungo e forse ancora si possono rintracciare gli elementi di un’autentica società collettiva. Gli elementi che appartengono al “comune” sono ormai ampiamente appannaggio della “comunicazione” e superano i compartimenti stagni delle strutture organizzative urbanizzate, definitivamente inglobate da metropoli che tendono a diffondersi a livello mondiale, producendo un tessuto di relazioni ampie quanto sfilacciate: tutti sanno che i media sono più influenti della famiglia, e qualsiasi star può essere più cara di ogni parente. La cosa più assurda è che spesso poi è meglio così.

Viviamo in un mondo diverso da quello delle generazioni passate e spesso siamo eredi di idee e progetti che valgono come beni in disuso e monete fuori corso, per quanto a loro tempo cercarono di ipotecare quello che ora rappresenta il nostro presente. Cercando un pensiero capace di una solidarietà con il mondo, possiamo anche incorrere in soluzioni inadeguate: tra queste, può riscontrarsi anche il diffuso e datato luogo comune intellettualistico di criticare il razionalismo (che considera la realtà solo in quanto sottoposta a calcolo) propagando però il riduzionismo (per cui tutto a numero e calcolabilità). Grossomodo, questo corrisponde al tentativo di spegnere il fuoco con la benzina: il fuoco è la distruzione del reale e del simbolico, la benzina è rappresentata da ideologie, visioni parziali e razionalizzazioni forzate che pretendono di imporsi alla realtà spesso ignorando cosa sia. Perdere la ricchezza della complessità a favore di semplificazioni facilita una regressione all’infinito che impedisce al linguaggio di dire qualcosa di sensato. Rozzezza linguistica e logica pedestre sono strumentalizzate da esigenze politiche a proprio agio nello sposare un capitalismo dedito allo sciupo e a capricci futilmente anarcoidi, costitutivi di un anarcocapitalismo estremamente diffuso e, tuttavia, ineffabile a chi ancora indulge negli schemi di una controcultura ormai datate, che non dà fastidio a nessuno e incapace di trasmettere conoscenza alcuna.

Gli eufemismi della neolingua politically correct mancano completamente di definizione, ma non smettono di pretendere parola. Un loro capolavoro è nel termine “omofobia”, autentico equivoco linguistico che, esprimendo il semplice significato di “paura del simile”, non indica  affatto un atteggiamento di ripulsa e odio verso coloro che esprimono preferenze di carattere omosessuale, più propriamente definito dalla parola omoerotofobia. La preoccupazione di cambiare il nome alle cose ed evitare sanzioni negative alla realtà arriva al paradosso estremo di imporre un nome ambiguo e non attinente nei confronti di discriminazioni ancora diffuse per quanto ampiamente esecrate dal senso comune. Nonostante l’esistenza di perduranti violenze condannate anche a livello istituzionale, e per quanto il discorso scientifico sia bloccato da pregiudizi vecchi e nuovi e da una sovraesposizione informativa spesso d’infimo livello, la società civile dimostra d’essere più avanzata delle sue rappresentazioni e accetta ampiamente le persone d’orientamento omosessuale, anche se non sempre è chiaro se per tolleranza, lassismo oppure effettiva apertura mentale.

Infatti, letture parziali sono riscontrabili non soltanto in coloro che si attardano in un rigido approccio duale, sordo alle infinite sfumature della natura e dell’umanità: occorre rimarcare che è proprio l’atteggiamento apparentemente “avanti” di separare il sesso quale biologico e il genere come culturale a propagare un ingenuo connubio tra sentimentalismo e indifferentismo, incapace di farci procedere di un passo nella comprensione delle cose. [26] Una maggiore radicalizzazione è formulata da Judith Butler nell’intersezione tra femminismo, attivismo gay e post-strutturalismo, per la quale oltre alla costituzione superficiale del genere esiste anche una costruzione culturale della stessa sessualità: il genere «denaturalizzato» è il mezzo discorsivo con cui un sesso «costruito» come naturale è prodotto e fissato in modi che precedono la cultura, ma su cui questa agisce. [27] Il suo tentativo di superare definitivamente la politica dell’identità e fornire piena intelligibilità alla «vita esclusa» [28] ancora attende di essere adeguatamente elaborato dagli stessi ambienti con cui è sodale, e non si esaurisce soltanto nel rompere l’eterosessismo obbligato e far proliferare i generi: [29] infatti, il suo proposito è quello di non permettere più che le identità vengano fissate quali premesse di un «sillogismo politico» e, pertanto, intende sbloccare la politica da esigenze preconfezionate permettendo che ne emerga una nuova configurazione. [30]

Una nuova politica è necessaria: lo vediamo tutti, ogni giorno. Tuttavia, la formulazione della Butler presenta alcuni limiti interni che la costringono a indulgere in giochi linguistici e teatralità [31] il cui dichiarato gusto parodistico è particolarmente marcato laddove il modello di riferimento è individuato nelle drag queen: al contempo, non si capisce se ella voglia passare una bella serata tra amici o abbia obiettivi più sofisticati. La sua concettualizzazione delle strutture identitarie come imitative e contingenti [32] testimonia una lunga militanza, di cui Gender Trouble nel 1990 raccoglie moventi e riflessioni, che tuttavia appare piuttosto diversa da quanto riesce effettivamente a formulare il contesto attuale. Inoltre, l’esigenza di rendere intelligibilità a ogni pratica non può essere propagata in base a una critica riduttiva e puramente escludente del concetto di universalità, [33] dove l’idea di «lavoro di tradizione culturale orientato verso il futuro» [34] è ancora del tutto assente, e che non può essere ottenuta isolando, contrapponendo e disperdendo corpi costretti alla definitiva rottura ontologica.

La Butler compie una critica interna del femminismo lesbico e ne problematizza la strategia discorsiva, [35] che sembra arrivare a una forma di fondamentalismo gay, proponendo il capovolgimento dei pregiudizi dominanti; tuttavia, affermare che l’eterosessualità sia un’omosessualità delusa [36] e teorizzare il tabù dell’omosessualità come precedente quello edipico [37] sembra implicare una strana originarietà degli accoppiamenti tra congeneri, e che anche questi comportino possibilità di gravidanza, complicando peraltro la descrizione delle nevrosi oltre la loro soglia di trattabilità. Inoltre, sostenere l’idea di «guarire dall’illusione di un corpo vero al di là della legge» per comprenderne i condizionamenti e aprirlo a un futuro di possibilità culturali [38] ha il merito di dischiudere una riflessione storica ampia e articolata, ma espone questo stesso corpo al rischio di infinite altre marcature politiche, [39] capaci di sottoporne il «confine variabile» a regolazione imprevedibili, altrettanto stringenti di quelle a cui si vuole sfuggire. [40]

Il pensiero della Butler si forma approfondendo le problematiche inaugurate da pensatrici femministe come Luce Irigaray e da militanti lesbiche come Monique Witting, nel confronto con pensatori come Lévi-Strauss, Foucault e Lacan, in un fitto rimando di testi e di problematizazzioni di categorie culturali, stabilendo parametri importanti per i gender studies e offrendo una sponda al movimento queer. Nel suo tentativo di infrangere la dualità sessuale per ottenere molteplicità di pratiche discorsive e una pluralità di generi, giustifica un compromesso sin troppo parziale tra differenze irrimediabilmente irrelate e la loro pretesa origine discorsiva. [41] Dal momento che, indipendentemente dalle preferenze sessuali personali, la società tutta è esposta all’impatto di queste emergenze, occorre comprenderne la portata: proviamo a farlo concentrandoci su tre elementi, enucleabili nel transessualismo, nelle unioni omoaffettive, nel fascismo omosessuale.

 

4. Trans senza frontiere

La crisi della realtà di genere e la revisione del reale è particolarmente rimarcata dalla Butler rispetto al fenomeno della transessualità, che comporta un crollo percettivo e un’oscillazione categoriale costitutiva, e la cui pratica precede ogni esplicita teorizzazione. [42] Se i transessuali rappresentano il caso più estremo in cui la natura fantasmatica del desiderio svelerebbe il corpo non come «fondamento», ma quale «occasione», le discontinuità riscontrabili non sono esclusivamente quelle tra piacere e anatomia e la partecipazione di organi che non si possiedono. [43] Tuttavia, funzioni che, in base allo status rivendicato, gli organi non dovrebbero più essere esercitare, mantengono invece il proprio ruolo, come chiariscono quattro gravidanze piuttosto esemplari.

Thomas Beatie (Fancy Langodino) dell’Oregon ha avuto ben tre figli e poi si è separato; aveva già fatto discutere per «cinismo promozionale» all’epoca della prima attesa. [44] Ruben Noè Coronado (Estefania) Jimenez nel novembre 2009 ha dato alla luce due gemelli in Spagna. [45] Scott Moore, New Mexico, ha partorito nel gennaio 2010. [46] Una persona dall’identità sconosciuta ha affrontato con successo una gravidanza nel 2011 in Inghilterra. [47] Sono quattro transessuali FtoM, da donna a uomo. Il primo ha cambiato genere ma ha mantenuto l’organo sessuale femminile e ha fatto a meno di quello maschile, gestendo le gravidanze con donazioni di sperma, il proprio utero e l’ovulo della moglie Nancy. Il secondo si è sposato con Thomas, transessuale a sua volta, ed è stato inseminato da un amico. Il terzo ha ricevuto un’inseminazione artificiale fatta in casa da un donatore anonimo. Del quarto ignoriamo le generalità, protette dalla Beaumont Society proprio per non esporre le persone coinvolte a preclusioni varie.

Altri casi rivelano ulteriori differenziazioni: esistono trans MtoF, da uomo a donna, che cercano donne fertili intenzionate a portare in grembo i loro figli, fosse pure a pagamento; c’è che ha fatto la “vita” e poi, tolti seni e silicone, ha tirato su famiglia; c’è poi chi al termine del percorso di transizione si accasa con donne biologiche. L’esperienza dimostra che gradi di sessuazione intermedia esistono, possono piacere e piacersi così come sono e possono accoppiarsi con chiunque, con tipologie varie e assortite. Molte di loro affermano di essere femminili e di non essere uomini, ma nemmeno donne. [48] Con una certa simmetria, i nati donna che hanno assunto l’identità maschile sono sempre in grado di generare una vita: del resto, come abbiamo visto, anche se con un apparato riproduttore “mimetizzato”, i transessuali FtoM mantengono la generatività, caratteristica della sessualità femminile, indipendentemente dal fatto che le donne possano sentirsi chiamate a svolgerla o meno.

Il fenomeno dei gradi di sessuazione intermedia esiste da sempre, ma oggi assume connotati e rilevanze inedite. In parte gli è riconducibile l’intersessualità, relativa ai casi di disforia di genere che possono riguardare le anatomie genitali o anche alcuni comportamenti riscontrabili perlopiù nell’età evolutiva. Rispetto alle anatomie genitali, la regolamentazione chirurgica dei casi di sviluppo di ambedue gli apparati sessuali è stata indotta per lungo tempo dalle rigide esigenze di definizione del determinismo, che le riduceva a variazioni dell’omosessualità. [49] Nel 2006 gli Yogyakarta Principles, considerandoli come diritti umani, hanno sancito l’illiceità di procedere a interventi chirurgici e rettifiche anagrafiche. [50]

Nei confronti dei comportamenti inclini alla confusione d’identità sessuale, spesso reintegrati dallo stesso sviluppo della persona, esiste la proposta bloccare la pubertà per via farmacologia; nell’Europa del sud il primo a farne domanda è stato, nell’ottobre 2013, il primario del reparto di Medicina della Sessualità e Andrologia dell’Ospedale Careggi di Firenze; il consigliere regionale Gian Luca Lazzeri (Più Toscana), membro della IV Commissione Sanità ha dichiarato: «Una richiesta inquietante sulla quale si allunga l’ombra della manipolazione biologica. Si andrebbe a modificare lo sviluppo fisico dei bimbi, ancora minori ed in piena fase di sviluppo e crescita». [51] La psicologa e terapeuta esperta di problematiche di genere Maddalena Mosconi specifica che i bloccanti ipotalamici sono forniti in un preciso un certo stadio della crescita (stadio Tunner 2-3), hanno effetto reversibile e soprattutto permettono a persone a cui è diagnosticato il disturbo di genere e soffrono delle ansie relative di migliorare la propria qualità di vita e la dimensione relazionare, nonché di evitare l’abbandono scolastico (che coinvolge il 38% delle persone con disforia di genere). [52]

In modi diversi, sembra comunque che siano sempre la scienza e gli interessi che la sostengono a decidere: davvero bizzarro che, nonostante le sue pretese di esattezza, possa permettere ampie ambiguità nelle letture culturali. A suo tempo, Freud testimoniò che nelle anomalie genitali gli organi avevano indotto perlopiù la reciproca atrofizzazione, [53] segnalando anche che la «polimorfia perversa» caratteristica delle fasi infantili era destinata a essere superata con l’età. [54] Pertanto, non sembrerebbe una soluzione adeguata alle esigenze di salute e sanità bloccare «pubertà inadeguate» (sic) attraverso analoghi sintetici del GnRH (ormone di rilascio delle gonadotropine), capace di inibire il naturale rilascio da parte dell’ipofisi dell’ormone deputato a gestire i segnali delle trasformazioni che concorrono alla maturazione degli organi sessuali. Tali mezzi chimici arrestano la produzione di gonadotropine e bloccano lo sviluppo puberale: il loro utilizzo comporta il rischio di una lettura parziale dei sintomi attinenti le tendenze al travestitismo, che da parte loro non sono tecnicamente assimilabili al transessualismo genetico ma piuttosto sono relative ad atteggiamenti psicologici ambivalenti di esaltazione e negazione della donna. Pertanto, un uso arbitrario e propriamente tossico degli inibitori chimici può portare al rischio di incrementare inclinazioni che possono anche essere passeggere o episodiche, inducendo a scelte irreversibili in maniera inconsapevole e/o coercitiva. [55]

Il mondo è vario anche per quelli chiamati straight, ed è innegabile che i generi abbiano moltiplicato intrecci e sfumature, ormai definitivamente affermatisi nell’immaginario e nei costumi contemporanei. Tuttavia, i casi, sempre più diffusi e aperti, di disforia di genere che accompagnano tante persone dalla nascita segnandone i percorsi, sono tali proprio perché esistono i sessi maschili e femminili che ne possono permettere la definizione. L’ipotesi per cui tra genere maschile e femminile esistano solo piccole differenze di personalità, sostenuta nel 2005 da Janet Shibley Hyde, [56] è stata smentita sempre in ambito psicologico da Marco del Giudice nel 2010: infatti, laddove i tratti sono considerati nella loro globalità, le sovrapposizioni si riducono di ampia misura. [57]

Esistono due principali ragioni genetiche della formazione delle disforie di genere: la sindrome di Klinefelter, che coinvolge circa 1-2 maschi su 1000 neonati, per cui sono presenti almeno due cromosomi X e almeno un cromosoma Y; tale anomalia cromosomica determina un individuo maschile che ha un cromosoma X soprannumerario, chiamato “maschio XXY” oppure “47,XXY”, caratterizzato anche dalla presenza di un cromosoma X detto corpo di Barr, assente nei maschi XY. [58] La sindrome di Morris è invece determinata da un diverso percorso nella differenziazione sessuale, per cui persone con corredo cromosomico 46,XY, a cui corrisponde un fenotipo maschile, sviluppano caratteri sessuali femminili. La condizione caratterizza un neonato su 13.000 ed è definita anche femminilizzazione testicolare oppure sindrome da insensibilità agli androgeni (AIS). [59] In Italia gli interventi chirurgici di ridefinizione somatica del genere sono gestiti dal SAIFP (Servizio per l’Adeguamento tra Identità Fisica e Identità Psichica); una persona su 35.000 chiede il passaggio dal sesso femminile a quello maschile, una su 18.000 il contrario; per la «riattribuzione chirurgica di sesso» ci sono 100 interventi l’anno, due terzi riguardano i passaggi maschio/femmina, un terzo quelli femmina/maschio. [60]

A ogni modo, l’esistenza di questa mobile creta genetica e la relativa disinvoltura con cui per via chirurgica o meno si possa essere oppure diventare uomini o donne, presuppongono sempre e comunque un maschile e un femminile, quantomeno come modelli di riferimento. Le forme di accoppiamento ormai disponibili, per quanto plastiche possano essere, anche dove apparentemente escludono uno dei sessi, ne lasciano pur sempre aperto lo spazio, colmato dall’immaginazione e/o dalla tecnica. Nei giochi che immaginazione e tecnica possono comporre, l’identità non mantiene nessun valore sostanziale, vincolante e prescrittivo, ed è piuttosto incongruo oltre che limitante basare le proprie rivendicazioni sulle “identità”, le quali possono anzi assumere addirittura un carattere reazionario e regressivo negando la mobilità delle funzioni psichiche e la plasticità delle pulsioni. E dove già Hume aveva suggerito che l’io si risolve in una «collezione» di impressioni mutevoli, risulta davvero una forzatura semplicistica l’appellarsi all’“anima” di un genere piuttosto che di un altro per rivendicare un’appartenenza sessuale. Senza considera inoltre che un accoppiamento riuscito è quello in cui ci si dimentica cosa si è: infatti, la millenaria disciplina del Tantra propone un discorso metaforico e rituale sulla sessualità basato sulla moltiplicazione delle coppie di contrari che associa sospensione del piacere e arresto dell’eiaculazione a trascendimento del mondo fenomenico, e risalita a uno stato di non-differenziazione. [61]

Un particolare caso di transizione è testimoniato dal musicista Genesis P-Orridge, che ha avviato una trasformazione «pandroginica» rifacendosi il seno insieme alla moglie Lady Jaye, con la quale ha poi realizzato delle video-conferenze promozionali dove addirittura erano portati a testimone i racconti della Genesi ed erano esibiti santini con Gesù, affermando che «ogni uomo e donna è uomo e donna» e mostrando fasi dell’intervento chirurgico. [62] P-Orridge, personaggio colto e attento, tra gli inventori del genere industrial con il gruppo Throbbing Ghristle, era solito realizzare provocazioni ai limiti di ogni considerazione sociale già ai tempi in cui la stampa specializzata si occupava del suo prestigioso Prince Albert, il piercing sul cazzo che probabilmente continua a indossare. Alla morte della compagna, mantiene l’identità femminile con maggiore convinzione, sostenendo di vivere in un mondo d’amore in cui lei gli parla di continuo. La pandroginia non asserisce proliferazioni e annullamento dei generi, non chiude i sessi in monodirezionalità e pretese solennizzazioni burocratiche, non afferma l’intrappolamento in uno specifico corpo per sostenere rivendicazioni identitarie a esclusivi colpi di bisturi: piuttosto, trascende i corpi, decostruisce le identità personali e di coppia e, mentre approfondisce implicazioni e complementarietà, arriva a sfidare anche la separazione comportata dalla morte. [63]

In Italia un Manifesto Pangender è stilato dall’attivista trans MtF Mirella Izzo, che denuncia i limiti politici e di pensiero in cui incorre il movimento LGBT, solo apparentemente coeso ma gravato dai «limiti di una categorizzazione insufficiente  delle identità rappresentate», frazionato in innumerevoli correnti contrastanti, minato da costanti tentativi di egemonia gay, quali quelle che negli Usa hanno portato alla drammatica esclusione della trans Sylvia Rivera, poi trionfalmente riabilitata dal primo Gay Pride di Roma del 2000. [64] Per la Izzo pluralità di generi, definizioni e nomi, piuttosto di produrre isolamento e frammentazione, comportano la possibilità di «un’appartenenza comune nel riconoscimento delle differenze». Secondo il suo pensiero, sul piano personale bisogna riconoscere l’interdipendenza tra identità di genere e orientamento sessuale, mentre sul piano sociale occorre tendere all’estinzione dei conflitti per far nascere sfide capaci di far crescere l’umanità; la posizione si vota al culto della divinità pellerossa Manitù, a cui come “two spirit” erano sacri gli androgini, e a differenza di quella di P-Orridge riconosce la netta irriducibilità a quanto prescritto dalle religioni abramitiche, tra le quali soltanto gli sciiti dell’Iran ammettono la possibilità di una transizione completa. [65] Da parte loro, le associazioni cattoliche confermano la più ferma contrarietà a cambi di sesso e ad «antropologia OGM», di cui rimarcano non senza ragione gli aspetti di superbia; nel ribadire l’esigenza di un dialogo razionale con il mondo, al di là di ogni interesse particolaristico, individuale o di lobby, considerano inammissibile che il puro autodeterminarsi del volere scardini la legge naturale, immutabile, universale e conoscibile. [66]

Pur se a tratti, il mondo è costitutivamente intelligibile: il linguaggio è deputato a nominarlo anche se in modi obliqui: non tutto può essere conosciuto, non ogni cosa vuole essere detta. Nel momento aurorale delle culture e della coscienza trasmessoci nel primo racconto della Genesi (1, 27), Dio crea insieme uomo e donna «a propria immagine e somiglianza»: esiste una costitutiva androginia, rimossa allo stesso modo da teorie rigide e opposte quali quella della dualità eterodiretta e dell’integralismo gay, laddove una rende il corpo esclusivo veicolo di riproduzione, l’altra lo apre ad ogni manipolazione possibile. Alla luce di tale androginia psichica, irriducibile alla bisessualità fisica, la questione della sessuofobia cristiana potrebbe costituire una interpretazione equivoca o quantomeno esasperata che, per quanto ne abbia caratterizzato ampie fasi e alcuni elementi distintivi, non ne esaurisce la portata: anzi, la capacità di distinguere tra una pulsione e quanto ne rappresenta la dispersione può permettere di riconsiderare il discorso su piacere e sensualità, e addirittura la stessa questione del peccato.

Pino Lucà Trombetta, analizzando il sistema di confessione del «peccato di lussuria», evidenzia come la drammatizzazione dell’esperienza interiore e la proliferazione del discorso sulla sessualità ha permesso, oltre a un’elevata capacità di controllare pensieri, emozioni e piaceri, una notevole sensibilità agli impulsi, a volte prevenendo il piacere, altre volte disciplinandone le forme. L’esperienza religiosa ha strutturato i comportamenti simbolici della psiche: in questo modo, ne ha permesso le nevrosi, evidenti nell’odio di sé che moltiplica le colpe per puro scrupolo e nella vigilanza di un Super Io il cui autocontrollo nega ogni spontaneità nei fatti predisponendo a meccanismi ossessivi. Nel cattolicesimo posteriore alla controriforma e tipico anche di tempi relativamente recenti, tali elementi hanno pesato sulla sessualità esasperandone la percezione e inibendone le manifestazioni, comportando tuttavia anche capacità di astrazione, creatività, responsabilità, intimità, autocontrollo, senso di sé. D’altra parte, quella negazione della relazione che nel cattolicesimo ha portato a demonizzare il desiderio scindendolo dalla propria causa, trova riscontri anche nella frammentazione e disumanizzazione del corpo effettuata dalla pornografia. [67]

Le genealogie della coscienza non seguono percorsi lineari e nessun aspetto esaurisce i significati in se stesso. Il protestantesimo, oltre a mettere in discussione il valore universale della Chiesa romana, nega il libero arbitrio e libera dalla responsabilità personale verso il peccato, che di per sé non è condanna, dato la sostanziale incapacità di scelta dell’uomo, sottomesso al volere divino e caratterizzato dal servo-arbitrio. Invece, il cattolicesimo afferma l’importanza del libero arbitrio e della scelta, attiva in ogni istante, e nel suo repertorio iconografico offre uno straordinario campionario di sensualità, di cui l’orgasmo della Santa Teresa del Bernini a Roma e la nudità del Nettuno del Giambologna a Bologna sono esempi emblematici. L’attenzione e la ritualizzazione della sessualità formulata dal Catechismo ne ratifica la decisività proprio dove apparentemente la nega, in modi non distanti dal paganesimo stoico e neoplatonico: la castità «esprime la positiva integrazione della sessualità nella persona» [68] e permette l’acquisizione del «dominio di sé», per cui agiamo secondo scelte «consapevoli e libere» e «non per cieco impulso o mera coazione esterna», [69] favorendo quindi «dono di sé» e amicizia per il prossimo. [70]  In definitiva, la dottrina cristiana considera il peccato come il cercare le cose giuste nel posto sbagliato, tendendo ad un amore che emancipi dal desiderio; dove stabilisce la priorità della caritas sull’agàpe e sull’eros tende alla pienezza di un sentimento incondizionato [71] che trascende la componente erotica senza negarla. [72] Sotto questo aspetto, le potenzialità erotiche del cristianesimo sono ancora inesauribili: è la glorificazione del cosiddetto peccato ad essere povera di significati.

Approfondiamo alcune implicazioni semantiche della transessualità. Laddove il corpo è un simbolo sul quale proiettiamo fantasie e stereotipi, un corpo trans MtoF non operato è particolarmente polisemico: nel suo rifiuto di connotazioni rigide si espone a un desiderio assoluto e senza nome il quale permette l’autodeterminarsi di possibilità che proliferano fino alla consumazione di ogni termine di relazione e di ogni segno. [73] La lezione di Freud sul feticismo in psicologia permette di leggere questo corpo quale manifestazione compiuta della fantasia infantile della donna «prima della ferita» che gli avrebbe asportato il cazzo. [74] Il trans è una superdonna o, per essere più precisi, un’ultramamma, e corrisponde alla fisicizzazione di un femminile che non ha corrisposto all’idealizzazione e ha lasciato una sorta di buco nella psiche. Un uomo generalmente immagina la trans come donna, pur riconoscendole un segreto inesprimibile che la rende ancora più fascinosa; le aspettative di chi è cultore o succube di tali zone d’ombra possono andare indifferentemente incontro a soddisfazione, tormenti e delusioni nel quale mercenariato e affettività spesso si confondono.

Le trans possono dimostrare la capacità di incarnare l’immaginario erotico maschile con una complicità particolare e capace di sfiorare il cameratismo, forniscono standard decisivi alla bellezza femminile, dimostrando così quanto il voler essere qualcosa prevalga sull’esserlo e basta. La prostituzione offre gallerie sterminate di seduzioni multitasking e la pornografia conosce il suo trionfo con soluzioni più abissali dell’inferno. Una delle indiscusse star è l’americana Kimber James: [75] dotata di una naturale femminilità, con il tempo ha ricostruito ogni dettaglio fino alla completa transizione, e non sappiamo se prima il suo modo di guardarsi il cazzo era femminile oppure se adesso è maschile la maniera con cui si penetra la fica. Un’altra problematica sottile alla quale la pornostar può introdurre è che se la vaginoplastica non permette particolare godimento, tagliarsi il cazzo diminuisce la capacità di provare l’orgasmo anale. Kimber queste cose le sa, e se si propone nel suo sito come «persona tranquilla che ama stare a casa, per nulla interessata a club e discoteche», sa comunque intrattenere in ogni sua manifestazione una relazione particolarmente intima con l’occhio della telecamera, rinnovando in modi inaspettati quel dialogo con lo spettatore del quale il primo grande esponente fu Oliver Hardy.

Mentre ammonisce rispetto a una scomparsa del reale che nasce con lo stesso linguaggio umano, Baudrillard intravede nella transessualità il segno del collasso dei codici sessuali, politici ed estetici: l’unica legge è quella della confusione dei generi, tutto è simultaneamente sessuale, politico, estetico; giunti al grado zero del sesso, della politica e dell’estetica siamo tutti dei mutanti biologici in potenza, indifferenti e complici nell’impossibilità degli scambi. [76] In un’ampia considerazione del fenomeno, Giovannini denuncia che la compressione del maschile e del femminile rispecchia una società incapace di creazione e dedita al riciclaggio dei frammenti, «seriale, sterile e ripetitiva», dove domina «la paura dell’altro ed il desiderio del simile», per quanto in forme incerte e torbide, portando a sviluppare tanto effettive diversità, quanto ulteriori omologazioni. [77] Nel quadro della ricerca di un’alleanza tra filosofia e sessualità, Perniola segnala che il transessualismo è un fenomeno contemporaneo che ha specificità irriducibili ad androginia, ermafroditismo, travestitismo, tribadismo, bisessualità, omosessualità: tra i suoi elementi distintivi, una corporeità profondamente dipendente dall’uso del bisturi che spezza profondamente l’unione di psiche e corpo perseguita in larga misura dalla sessuologia moderna, il cui carattere di esteriorità radicale [78] è da comprendere all’interno dei concetti di «cosa che sente» e «sessualità neutra» e di un esperienza «liberata dall’intento di raggiungere uno scopo». [79]

La nostra esperienza è permessa dal modo con cui la pensiamo e il nostro stesso corpo può essere pensato in modi diversi, come dimostra la fenomenologia di Husserl. Il Körper è il «corpo che ho», cosa tra cose puramente percepita, ottenuta astraendo dalle sensazioni localizzate e mantenendo come residuo una soggettività ordinatrice incapace di rendere vita. Il Leib è il «corpo che sono», vivente e proprio, la cui caratteristica peculiare (Eigenheit) è quella di essere un’unità di percezione e movimento, nel quale vista, udito e soprattutto tatto riconoscono se stessi: questo corpo è l’organo che permette di relazionarsi intenzionalmente con un ambiente e un’intersoggettività a cui l’uomo coappartiene. Il Leib sgancia le esperienze vissute (Erlebnisse) dalla materialità anatomica e le intreccia con la psiche, e quindi permette di andare oltre di sé, favorendo la costituzione dell’alterità. Invece, la corporeità tutta esteriore del Körper deriva dalla res extensa cartesiana e consiste nella pura misurabilità dei dati meccanici e quantitativi. [80]

Pur se ambedue le modalità con cui il corpo è concepito sono date simultaneamente, possiamo ora comprendere com’è possibile fare mercato di corpi, organi singoli, embrioni e intere esistenze, e possiamo individuare anche qual è la base concettuale che permette rimaneggiamenti a colpi di bisturi e ormoni. Se le scienze deterministe avevano permesso che il corpo fosse meccanizzato, l’avallo decisivo a interventi manipolatori è dato dall’azione congiunta di bioingegneria e biopolitica, con cui  il concetto di natura salta letteralmente per aria lasciando spazio a un biocapitalismo capace d’ogni tipo di sfruttamento e grazie al quale l’essere umano assume un’onnipotenza così priva di controllo che è il primo a subire. [81]

In una società davvero civile, il riconoscimento dei diritti sociali e delle esigenze di cura e assistenza verso le persone di sessualità “di confine” dovrebbe procedere parallelamente alla denuncia degli enormi interessi che stanno dietro alla fabbrica e al mercato degli “uomini-donna”. [82] La situazione è molto complessa, perché se serve a poco portare il culo in piazza per fare lotte sociali e di consapevolezza per soggetti che spesso hanno la propria felicità nel torbido e a ogni opportunità preferiscono sempre la gioia dei propri orifizi e fare due soldi, è comunque necessaria una politica capace di decidere con coraggio su questioni difficili piuttosto che limitarsi a pagare trans e magnaccia di nascosto per il proprio sollazzo.

Le imbarazzanti circostanze del caso Marrazzo, in parte poi ripetutesi per Zaccai, hanno ricordato a tutti che la fascinazione espressa dai transessuali MtoF non operati colpisce tanto a sinistra quanto a destra. Per esprimersi nel linguaggio «evangelista» del sesso estremo, queste trans «rappresentano al meglio la ‘passione’ del nostro tempo inquieto e burrascoso» ed esprimono un’«identità di transizione, fluttuante, plastica», situata nella «terra di nessuno tra etero e omosessualità». [83] La trans più bella ha pur sempre un cazzo e tende a esprimere al massimo grado una femminilità inventata dagli uomini per gli uomini: se il carattere fallico della donna, che rappresenta la realtà delle posture di autofondazione del soggetto maschile e ne smaschera l’infondatezza, era stato evidenziato da Lacan, [84] è Adorno ad aver individuato il carattere omosessuale della femminilità, in quanto la sua idea è prodotta della società maschile. [85] Già prima della gender theory, e a monte di ogni crisi e lotta dei sessi, la complementarietà risulta piuttosto problematica. Tuttavia, laddove anche il cazzo più enorme palesa nel suo orifizio un aspetto femminile, la clitoride è visibilmente l’aspetto fallico della fica, confermando anche a livello anatomico l’inadeguatezza della dicotomia eterosessuale-omosessuale e il coesistere di differenziazione e coappartenenza tra maschile e femminile.

Alla fine, contro ogni retorica unisex, una tendenza alla differenziazione è attiva al fondo stesso della costituzione della vita, indipendentemente da sesso e generi, probabilmente alla base del loro stesso formarsi. Secondo l’antropologo Franco La Cecla una mascolinità capace di emanciparsi dai luoghi comuni machisti e infantili e dal modello omosessuale imperante in pubblicità e moda precede ogni influenza culturale e la formazione stessa dell’identità sessuale, basata su discontinuità di genere fondanti tanto a livello biologico, quanto sociale. [86] Le genetiste Katerina Markova e Melissa Wilson hanno osservato che l’evoluzione accelerata del cromosoma Y avrebbe portato alla perdita di «dati genetici»; se la cattiva pubblicistica si è affrettata a trovare conferme alla noiosissima questione della «fine del maschio», tale dato può essere rettificato laddove tale accelerazione si è rallentata già da secoli: l’aspetto interessante è che anche se questo gene legato alla caratterizzazione maschile sparisse all’improvviso, un’altra coppia di cromosomi non sessuali potrebbe dare vita a una nuova coppia di eterosomi. [87]

Una polarità può essere negata a parole, ma ogni discorso la ripropone. Ogni realtà si dirige verso l’altro da sé e al contempo su se stessa riposa. In questa semplice complessità, la poesia di ogni rapporto.

 

5. Unire i simili?

Parti anatomiche, funzioni organiche, piaceri fisici e comportamenti sociali sono, secondo Foucault,  raggruppati a forza in uno stesso principio causale e in un significante unico denominato “sesso”: a suo avviso tale unità fittizia e speculativa ha permesso che la sessualità fosse pensata, in maniera errata, come un’istanza che il potere cerca di assoggettare. In base a ciò, il sesso è stato idealizzato così come è stato impedito di pensare il potere in quanto tale, costringendo a concepirlo soltanto come legge e divieto e favorendo anche quanto permette e sollecita l’intelligibilità di corpi e identità. Come già ricordato, a suo avviso la nozione speculativa del sesso ha suscitato la categoria storica della sessualità, ed è nel quadro di questa che piacere e potere si inseguono e si incrociano; la modernità, per quanto ponga di continuo interdizioni locali, piuttosto che reprimere la sessualità permette l’esplosione delle sue forme eretiche, moltiplica i piaceri specifici e concentra le forme di sessualità non monogama, non fertile e non eterosessuale in discorsi e istituzioni che, pur se posizioni marginali, ne permettono la decodifica razionale e l’assunzione da parte del potere. In questo senso, la modernità è la preistoria di un mondo a venire che non necessita di liberazione proprio perché ogni perversione è diffusa in modi che non sono tanto quelli costrittivi della legge e del divieto ma quelli abbaglianti del definire nuove regole nei piaceri e nei poteri. [88]

Per il loro orientamento sessuale non normativizzato molte persone hanno subito repressioni, oppressioni e persecuzioni nelle famiglie, in società e nel sistema giuridico, e a permettere ciò è stata soprattutto la rimozione e la proibizione delle parole con cui riconoscere un sentire intimo e un’identità sociale che invece era sollecitata a manifestarsi. Dopo lunghe lotte gli omosessuali stanno ottenendo tutela dalle discriminazioni e anche l’opportunità di riconoscimento giuridico dei propri rapporti; questo è anche il segno che la società attuale si compone di individui definitivamente compiuti in se stessi, i quali si realizzano al di fuori dei ruoli sessuali e delle relazioni affettive delle società tradizionali, prescindendo dai riferimento alla famiglia e alla fertilità: per tale motivo, le unioni omoaffettive possono esser viste come elemento di emancipazione sociale collettiva.

Del resto, i diritti spettano a chiunque ed è soltanto l’arretratezza della politica a non averne ancora permesso l’applicazione; le emergenze rendono doveroso l’appello all’articolo 3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.» Dagli USA Mr. Wiggles, commentando un film porno gay, osserva: «Nessuno sta sopra né sotto: stanno tutti in mezzo. Bianchi, neri, non c’è differenza: dentro siamo tutti rosa.» Il ragazzo pelato chiosa entusiasta: «Brindiamo a questo!» [89]

Le cose, se vogliamo essere onesti, non finisco qui. Questioni decisive sono spesso sottovalutate da un dibattito bloccato tra pregiudizi opposti e sensi di colpa incrociati, nel quale presunti antagonismi, che dimostrano una mortale dipendenza dal risentimento e dalla rivendicazione e, in definitiva dai loro oppositori, subiscono un’assimilazione alle condizioni della comunicazione tale da rendere impossibile pensare l’esperienza. Dove la comunicazione è la forma culturale della globalizzazione finanziaria, occorre approfondire tanto il problema delle eccedenze di produzione, quanto l’esigenza di tenere eccitato il morale delle masse.

Al riguardo, già Orwell immaginava come risolutivo «l’ingegnoso procedimento della guerra continua»: questo, tuttavia, pur avendo intrappolato diversi paesi e tutta l’economia globale non sembra essere sufficiente allo scopo. [90] Le questioni legate alle eccedenze produttive e all’eccitazione di massa potrebbero forse risolversi proprio con la ratificazione delle unioni omosessuali, laddove favoriscono la creazione di nuove categorie di consumatori elastiche, in quanto basate su dispersione, proliferazione e indifferenza. Infatti dove, secondo la vulgata de generis, un carattere di un genere si esprime in un corpo di un altro per rivelare un’anima di un altro ancora, gli accoppiamenti possibili si risolvono in altrettante riproduzioni della neolingua che rispecchiano quelle dei bisogni indotti dal mercato. Le possibilità di spesa sono infinite: ma dov’è l’emancipazione?

Le esigenze espresse dalla Butler di riconcettualizzare l’identità di genere come «storia personale/culturale di significati acquisiti» e demistificare in modi parodistici l’assunto secondo il quale «l’identità originale su cui si modella il genere è un’imitazione senza origine» [91] sono ormai entrate in una fase di riconoscimento istituzionale, esigendo la realizzazione di performance sociali di accettabilità e comportando il rischio che le parodie si facciano il verso da sole, tradendo ogni esigenza rivoluzionaria. Consumatori ed elettori, aldilà delle retoriche istituzionali, servono perlopiù a legittimare logiche istituzionali e di potere, e sono particolarmente utili laddove non contestano il modello attuale di società, ma tendono soltanto a ricavare uno spazio al suo interno. Diversi casi dimostrano che è soprattutto la logica delle multinazionali a nobilitare tali nuove categorie, [92] generalmente inclini al consenso acritico e a un godimento illimitato larvatamente autodistruttivo. La richiesta legislativa dei diritti è stata spesso limitata a singoli interventi e priva di un quadro politico effettivo, che i partiti della sinistra hanno cercato di suffragare promuovendo internamente una sensibilità civile a sua volta carente. [93] Nessuna esigenza di modificare gli assetti di un mondo basato sullo sfruttamento è possibile laddove si agita la smania di un riconoscimento di tipo lobbistico, sempre settario anche dove voglia definirsi «nobile». [94]

L’informazione non fornisce contributi alla comprensione, ma alimenta allarmismi, diffondendo dati imprecisi oppure propagando pregiudizi. Al riguardo, una recente inchiesta riporta che le città dove gli omosessuali sono più perseguitati sarebbero Roma e Milano: tuttavia, in qualità di metropoli, sono anche quelle permettono maggiori opportunità di riconoscimento, ragione per cui c’è anche più propensione alla denuncia. Tale fatto, riconosciuto dall’articolista solo per inciso, non delegittima ovviamente la denuncia delle violenze, che devono essere impedite come ogni altra violenza, ma vanifica l’impianto della statistica e della rilevazione, portando chi è fornito di spirito critico ad avere qualche dubbio sui modi con cui s’intende proseguire nell’obiettivo dichiarato di «ridefinire la cultura della società». [95] Cambiamenti decisivi non possono essere compiuti in nome di interessi di parte, delegittimando le opinioni non conformi e squalificando ogni dibattito sull’argomento, pratica del tutto illegittima laddove la cultura gay non esaurisce le prospettive esistenti sull’omosessualità, come ha dimostrato in maniera eclatante il caso Dalla. [96]

Possono i diritti di una componente sociale sacrificare le manifestazioni del pensiero e condizionare il pluralismo delle idee? Si può ammettere la completa omissione di una «clausola di salvaguardia» al reato di opinione, per questa come per altre questioni? Le critiche e le posizioni scettiche sul mondo gay ed i suoi diritti appartengono soltanto al fronte  cattolico più integralista? Sono integralisti i cattolici e la cultura cattolica si esaurisce solo nell’aspetto confessionale? Esiste un dibattito scientifico e critico effettivo sull’argomento? Indagare gli aspetti critici dell’omosessualità e i rischi sociali e personali d’unioni e adozioni omoaffettive si identifica con gli incitamenti all’odio, oppure con il dire “frocio rotto in culo”, oppure “lesbica fica di legno”? Picchiare un omosessuale può essere reato, picchiare chiunque altro no?

La discussione parlamentare sulla proposta di legge sull’omofobia di Leone (PdL) e Scalfarotto (PD) ha esteso i termini della legge Mancino sui reati a sfondo razziale e religioso, e pur introducendo il reato di opinione per il comportamento discriminatorio individuale dei singoli salvaguarda «le organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto»; tale emendamento è da alcuni definito vergognoso, altri trovano vergognosa la legge: in linea teorica, un pieno avallo sociale sarebbe praticabile solo in condizioni di dittatura, e una salvaguardia per le opinioni eterodosse è legittima e necessaria. [97] La ricerca di un confine tra opinioni e ingiurie è sollecitato tanto dal segretario dell’arcigay Romani, quanto dagli oppositori, cattolici e laici, della legge, che hanno un primo cartello nella manifestazione Manif Puor Tous. [98] In Francia, dopo le repressioni e gli arresti contro singoli militanti contrari alle unioni omosessuali [99] si è proclamato il divieto di obiezione di coscienza per sindaci, obbligati a celebrare le cerimonie nuziali. [100]

Criticando la proposta di legge in discussione in Italia e constatando il lobbismo di alcuni ambienti gay, Ostellino fa capire come poi sarebbe necessaria anche una legge che tuteli le discriminazioni nei confronti degli etero. L’assurda proliferazione giuridica a cui si arriverebbe può evitarsi considerando che una preferenza sessuale è un fatto e non un diritto, e che la confusione tra etica e giurisprudenza porta a condizioni favorevoli a forme di totalitarismo. L’ossessione normativista uccide ogni possibile diritto. Con la legge contro l’omofobia lo stato inizierebbe a farsi carico di una strana teocrazia omocentrica conforme al pensiero unico politically correct, e a provvedere a regolare l’orientamento morale dei cittadini contro ogni loro convincimento e a dispetto di quanto possano sostenere scienza e religione. [101]

La legge in discussione rappresenterebbe una sorta di grimaldello per legittimare il matrimonio gay. [102] Se anche fosse, in Italia una vera porta da varcare ancora non c’è e le schizofrenie politiche-giuridiche sono senza limiti di schieramento: proprio la radicale Bonino ha avallato il mancato riconoscimento giuridico di un’unione omosessuale effettuata in Spagna da alcuni suoi diplomatici, [103] che in seguito hanno stilato lettera con richiesta di tutela per le proprie relazioni. [104] Questo è il segno che tra matrimoni, unioni di fatto e altri tipi di rapporti ci sono delle fratture che devono essere affrontate per altra via rispetto all’insistenza su aspetti parziali, in quanto le questioni legate a proprietà e successioni devono necessariamente essere definite all’interno di un quadro giuridico coerente, che ridefinisca integralmente il diritto di famiglia, riconoscendo le unioni civili e ponendo definitivamente al centro del discorso i diritti di tutti, e non barricate particolaristiche. [105]

Inoltre, occorre chiedersi in quali termini tale disposizione sarebbe legalmente possibile e socialmente fondante: se lo chiede anche la Chiesa romana, che da sempre esprime una mentalità giuridica e ancora oggi considera cruciali le famiglie per la diffusione dottrinale. Papa Francesco ha già posto all’attenzione di un prossimo sinodo vescovile gli interrogativi a cui l’istituzione è sollecitata dal mondo contemporaneo, in cui coppie di coppie di fatto e omomatrimoni minano l’evangelizzazione. [106] Il pensiero cattolico di ispirazione confessionale generalmente rigetta la possibilità di riconoscere i legami tra le «sessualità alternative», in quanto le persone vi manifestano una profondamente distonia tra psiche e soma e sono prive d’effettiva complementarietà, dato che «nessuna di loro esprime in modo univoco l’unità e la specificità dell’identità biopsichica di ciascun sesso». [107]

Da parte loro, le coppie omosessuali rivendicano complementarietà contingenti ma decisive, e affermano il diritto di costituire unioni che pretendono anche una stabilità maggiore di quelle eterosessuali. Si sostiene poi che, invece di affossare il matrimonio, tali unioni potrebbero suggerire alcuni modi per rilanciarlo, laddove venga inteso come «segno di prestigio» e suggerisca una nuova divisione dei compiti più funzionale alla contemporanea divisione tra ruoli. Le coppie di donne sembrano più esigenti e anche più facili alla rottura di quelle di uomini, la cui tendenza alla promiscuità sembra superata da modelli di convivenza che fanno a meno anche dell’attrazione fisica. [108] Tuttavia, pur volendo prescindere non solo da questioni “borghesi” di prestigio ma anche da componenti quali fertilità e, a quanto pare, anche di impegno reciproco e attrazione erotica, occorre chiedersi cosa davvero sia la famiglia, al di là del fare le faccende di casa ogni tanto. Va infatti considerato che, pur se considerata ordinariamente quale cellula base della società, la famiglia rappresenta in definitiva perlopiù l’anello terminale dei suoi condizionamenti.

Adorno svelava il ruolo di potere della famiglia proprio mentre ne ammetteva la sparizione: quella che oggi ne riceve il nome non sembra capace di quella «resistenza che, se opprimeva l’individuo, d’altro canto lo rafforzava o addirittura lo produceva». Le nuove famiglie sono promosse da quella che a suo tempo è stata «una sedicente giovane generazione che, in tutti i suoi moti e impulsi è intollerabilmente più adulta di quel che i genitori non siano mai stati.» La famiglia quale «organo della borghesia» si è esaurita, e ormai il «sistema» superstite ha spodesto anche la borghesia pur rivendicandone le «insegne» – quali appunto il matrimonio – favorendo strutture che hanno ridotto l’influenza delle funzioni d’autorità paterna e della capacità generativa alle quali la società è stata a lungo legata: «cominciamo a regredire verso uno stadio che non conosce più il complesso edipico, ma il parricidio.» [109]

Il parricidio, compiutamente teorizzato da Deleuze e Guattari insieme all’illusione che tutto potesse essere possibile, oggi è prassi, per quanto la macchina da guerra non appartenga a nessuna rivoluzione, ma proprio alla felice schizofrenia del capitalismo, nel quale gli ordini sociali si assestano evocando il fantasma del padre, il cui spazio resta privo di un nome, disponendo in maniera alquanto capricciosa un sistema di valori di pure immanenze in cui si dispongono uomini-macchina reversibili e ricorrenti. [110] In tal modo, ogni emancipazione risulta contraffatta da una pulsone vitalistica regressiva, cieca verso se stessa e i suoi oggetti, in cui per davvero i padri sono madri e le madri masturbano i figli, ma dietro il vuoto del desiderio trionfa la morte. [111] Vuoto e desiderio oggi hanno largo spazio, al loro interno le unioni civili vengono chiamate “matrimoni” con un senso parodistico che supera di gran lunga gli afflati sovversivi della Butler. Se davvero, come costituzione prescrive, vogliamo rimuovere gli ostacoli allo sviluppo della persona umana, non è certamente possibile farlo attraverso azioni settoriali che tutelano qualcuno attraverso appartenenze che permettono discriminazioni verso altri. Piuttosto. occorre valutare un accorto sistema di distinzioni e cautele.

Un sapere corporeo necessariamente di tipo verbale e culturale è affermato dal poeta e attivista gay Franco Buffoni, che ne rivendica un riconoscimento che possa permettere la trasmissione di esperienze e identità omosessuali tra generazioni; inoltre, precisa il senso delle relazioni omoaffettive affermando che la penetrazione non avrebbe importanza. [112] La prima condizione è però del tutto fuori dalla realtà, e non soltanto perché i figli degli omosessuali nascono al di fuori dalla loro relazione specifica, ma perche, in ogni tipo di relazione, nessuno ti dice mai come amare, come conservare oppure licenziare un sentimento,:il corpo è sempre un po’ stupido e deve ricominciare ogni volta dall’inizio una storia di millenni, per ritrovare la sagacia a cui in qualche modo è predisposto solo dopo aver superato una certa soglia. Invece, rispetto alla seconda occorrenza, Freud stesso aveva riscontrato che la penetrazione anale è soprattutto un’imitazione del rapporto omosessuale, stabilendo come specifica del rapporto omosessuale la masturbazione reciproca. Tuttavia, socializzare la masturbazione, che in età puberale può coinvolgere anche frequentazioni eterosessuali, convaliderebbe pratiche sostanzialmente desessuate, e sembra comunque decisamente sproporzionato voler formulare un quadro legislativo solo per farsi seghe e ditalini in compagnia.

C’è comunque di più in ballo della masturbazione e del diffondersi di comportamenti più o meno alla moda. Infatti, occorre valutare la possibilità, tanto remota quanto disponibile, che le relazioni si affermino per davvero come il luogo vivo dei significati e quindi si stabilisca definitivamente qualcosa che possiamo chiamare come la continuità sensoriale di corpi senzienti: ovviamente, questo riguarda tutte le persone di ogni orientamento, anzi ogni orientamento può avere senso nel permettere alla persona di scoprire e scoprirsi in una nuova solidarietà con il reale.

Perché accada questo, è necessario cercare di sgombrare il più possibile il campo dagli equivoci. Ogni discriminazione di razza, sesso e religione è frutto di fanatismo, esistono anche atteggiamenti regressivi e paranoici che permettono ancora oggi di chiamare in causa l’idea di Freud dell’omosessualità quale arresto dello sviluppo psicosessuale, che ammetteva comunque nessuna considerazione negativa delle persone. Un comportamento omosessuale maschile può ancora essere suscitato da inibizioni dello sviluppo provocato dai genitori: un forte legame con la madre o la mancanza di un’effettiva figura paterna, timori della castrazione e paure di inghiottimento materno nella fase preedipica, il blocco o la regressione alla fase narcisistica dello sviluppo, la competizione perdente con fratelli e sorelle. Cause dell’omosessualità femminile possono essere il mancato superamento dell’invidia del pene in associazione a conflitti edipici non risolti. Tutti fattori di squilibrio che incidono anche su altre sfere. [113]

Certamente, gli aspetti di malattia mentale e degrado psichico riguardano anche l’omosocialità di chi passa il tempo a guardare le partite di calcio tra congeneri e altri idiotismi masturbatori; tali repressi da manuale, conformemente alle osservazioni sul carattere paranoico del fascista compiute da Wilhelm Reich, detestano i “recchioni” al punto di stuprarli, rilevando la base proiettiva del loro odio. Questa realtà drammatica e disgustosa non comporta tuttavia che ogni critica sia proiezione di un rimosso e che non ci si possa esprimere al riguardo, come il dogma politically correct sembra imporre.

Fare esperienza del mondo non significa subirlo, ma mantenere la capacità di distinguere. Siamo forse gelosi delle nostre moderne libertà, ma essere gelosi non è un granché e moderni non lo saremo mai abbastanza: ridicolo affannarsi a rendere obbligatoria ogni cosa precedentemente proibita. Un mondo tutto dispiegato e una precisa corrispondenza tra cose e definizioni non esisteranno mai: è preferibile affrancarsi dalle inibizioni di pensiero, linguistiche e sessuali con cui rimuoviamo il rapporto con il reale, e tentare di esprimere interezza in ogni frammento, sfottendo ogni neolingua e politically correct, e anche la pretesa radicalista di infrangere il linguaggio normalizzato e grammaticale dell’ordine del soggetto.

Infatti, un dito al culo non si nega a nessuno tutti possono lesbicare con le palle trans donna al culo donna a cazzo dritto travestito donna penetra la fica dell’uomo e le tette dove le mettiamo? Insomma, rispondendo alle questioni sollevate dalla Butler: il linguaggio, per chi lo conosce, è intimamente sovversivo, e pertanto non è affatto sufficiente dire che la bisessualità sia la coincidenza di due desideri eterosessuali internamente a una singola psiche, e nemmeno che ci siano strutture di omosessualità psichica nelle relazioni eterosessuali e strutture di eterosessualità psichica nella sessualità e nelle relazioni omosessuali. [114] Potrebbe anche essere che le parole siano corpi pensanti, che il rapporto esclusivo con il simile sia un limite dove esprime semplice paura verso l’alterità, e che il compito culturale di specificazione del genere è soprattutto una scelta di libertà.

Una conclusione possibile: pur considerando che il dissidio di mentalità tra le pretese ecumeniche dei gay e la sessualità di ispirazione religiosa sia insanabile, è possibile garantire ogni legittima esigenza, riconoscendone ad ognuna quanto gli è proprio, in un mondo che è di tutti. Inoltre, dove anche il diritto tende ad avere una configurazione internazionale, occorre comprendere implicazioni e conseguenze delle disposizioni in vigore in altri paesi, e cercare dove possibile di armonizzare le soluzioni. Tuttavia, se vogliamo uscire dai ricatti della neolingua, occorre riconoscere che nel suo stesso senso etimologico il matrimonio stabilisce un vincolo preciso tra maternità e scelta, che può essere esclusivamente eterosessuale; invece, nel suo significato esistenziale, esprime un’unione che ha carattere intrinsecamente religioso tanto se vissuta nella pura intimità quanto se è celebrata dalle specifiche istituzioni di ogni confessione. Altri tipi di unione hanno inevitabilmente altri nomi, e la loro diffusione, comunque la si possa pensare, ha inevitabilmente un peso sociale che va considerato giuridicamente senza moltiplicare i diritti specifici, ma attraverso una forma generale della legislazione.

Una soluzione, la cui eventualità fu anticipata da Derrida, [115] in grado di garantire le ragioni della laicità senza negare quelle della religione, potrebbe porsi laddove si decidesse di abolire le forme attuali del matrimonio civile e così favorire nuove ed effettive forme di riconoscimento e tutela nei confronti delle diverse tipologie di convivenza, le quali possono esistere indipendentemente dalla questione sessuale ed essere anche soltanto affettive o addirittura di mero interesse, come da sempre accade. Peraltro, la plasticità delle pulsioni e dei rapporti possibili eccede ampiamente i corpi e può soltanto essere danneggiata da ratifiche legali obbligatorie; se oggi c’è l’ossessione di normativizzare tutto, da sempre esistono zone fuori da ogni regolamentazione, pulsioni e istinti che sono regola a se stessi: non soltanto non necessitano di leggi, non solo le rigettano, ma le producono per conto loro e a modo proprio, fuori da ogni regolamentazione. Il rischio più grande è pretendere quel controllo totale spacciato per sicurezza che per Agamben riduce gli spazi della «persona» controllandone ossessivamente l’identità e allo stesso tempo riducendo la vita alla sua «nuda» insignificanza. [116]

 

6. Omonazismi

La distruzione dell’ordine obbligatorio dell’eterosessualità espresso dalla strategia di «lesbizzare il mondo» aveva in sé una contraddizione ed esprimeva il proprio stesso fallimento: di fatto, tali manifestazioni di imperialismo avrebbero semplicemente rafforzato le forme più oppressive e violente del normativismo eterosessuale su cui ci si continuava a fondare, solennizzando peraltro le categorie filosofiche dell’«essere come presenza» ampiamente destituite dalla filosofia contemporanea. La Butler, criticando dall’interno questo modello, perseguiva una strategia diversa e intendeva riappropriarsi e sovvertire le categorie dell’identità, contestando il sesso in modo da renderlo radicalmente problematico attraverso la convergenza di discorsi multipli. [117] Tali discorsi multipli sono rappresentati dalle specifiche storie personali che costituiscono l’omosessualità in tutte le varietà delle sue forme: ora, è paradossale che proprio l’ideologia gay li disconosca in un’unica identità collettiva egemone. Questo è permesso anche da una pubblicistica che solennizza il ruolo di mediazione delle associazioni favorendo un’egemonia simile a quello espressa dai partiti verso il paese, per cui il 5/10 % della popolazione è ridotta a pochi esponenti e a un’agenda non sempre così rappresentativa. [118]

In ambito sociale è necessaria la massima cautela. Una legge equivale ad una delicata operazione chirurgica, che ha sempre rischi maggiori di quella, per usare una metafora evidente, di affettare una pizza: tali rischi devono essere valutati in una prospettiva di lungo periodo e non soltanto in risposta alle piccole felicità personali. Compiere infamie in nome dell’amore è così comune, così umano. Non possiamo più nasconderci i risultati deresponsabilizzanti di conquiste sociali quali il divorzio e l’aborto, mal digerite e spesso rimaste ferme alla pura recriminazione, i cui rischi a suo tempo furono nitidamente denunciati proprio da un omosessuale come Pasolini. [119] Se ieri era la glorificazione del consumo a solennizzare la «coppia liberata», oggi nel consenso sulle unioni omoaffettive confluiscono in larga misura la spiritualità facilona new-age, il riduzionismo scientifico che nega il carattere “vivente” del corpo, il culto del dispendio della globalizzazione finanziaria.

Rispetto alle adozioni di bambini da parte di coppie omogenitoriali si può pensare che due persone psicologicamente e affettivamente stabili possano essere garanzia di crescita: ma nessuna apologia della speranza è concessa sulla pelle degli altri, nessuna letteratura di buoni sentimenti alternativi serve a nulla. Con tutta probabilità, due padri (madri) non sono meglio di uno e nemmeno di nessuno: le adozioni di prole da parte di coppie gay vanno valutate in tutte le loro conseguenze possibili, considerando in maniera prioritaria il rischio dalla definitiva mercificazione dell’infanzia. Inoltre, nonostante la buona volontà e i casi eccellenti, le unioni omoaffettive potrebbero radicalizzare nei bambini la carenza simbolica della figura paterna, costitutiva a forme di disturbo già sufficientemente diffuse e alla quale i separatismi dei presunti «nuovi matriarcati» non possono porre davvero alcun rimedio. [120]

Soprattutto, la possibilità di acquisire figli attraverso manipolazioni genetiche quali l’affitto di uteri o donazioni di seme, insomma di farli grossomodo, per restare in metafora, come si ordinano le pizze, porterebbe alla trasparente poesia delle provette, ma ben più grave sarebbe la cancellazione delle genealogie. [121] Non va sottovalutato che l’affetto non basta, e che l’esercizio delle funzioni genitoriali richiede una polarità di genere a cui nessun riduzionismo gender, queer o quel che sia può trovare soluzioni. [122] Questo è peraltro il motivo per cui una persona sola non può adottare: persone che crescono i figli da sole è pieno il mondo da sempre e la legge non si è mai adattata. Perché affrettarsi per soluzioni parziali senza provvedere a rivedere l’intera questione?

Il quadro politico, sociale ed economico è profondamente mutato in questi anni: il capitalismo è ormai entrato in una fase permissivista, piuttosto refrattario alla produzione e più incline alla speculazione e allo sciupo, e per dispiegare sfrenatamente il modello neoliberista ha rotto i rapporti con la borghesia. [123] Tra le nuove alleanze, categorie tradizionalmente ritenute anormali e rivelatisi come ottimi consumatori, cooptati facendo leva tanto su piaceri quanto su paure. Molte delle attuali politiche a favore degli omosessuali tendono a rispondere a quella che prima Lacan e poi Žižek chiamano «ingiunzione a godere»: né “rivoluzionarie” né di “sinistra”, ma semplici regole [124] che possono favorire forme di autoritarismo e di normalizzazione, riscuotendo adesioni anche presso le formazioni di destra e neonaziste. L’ossessione neo-tribale può essere condivisa laddove si rimuova la precarietà dell’esistere e siano negate le stratificazioni della storia, portando a confondersi quelle che rispettivamente Freud e Reich avevano definito come paranoia omosessuale e paranoia fascista in una neoparanoia “omofascista”, che si pone come la zona d’ombra dove fascisti e gay si assimilano.

I limiti delle nuove fasi delle politiche identitarie sono ampiamente dimostrati dal pinkwashing, che permette a società non proprio limpide nel riconoscimento delle minoranze come quella israeliana di darsi una “verniciata di rosa” ostentando atteggiamenti tolleranti. Il fenomeno è denunciato anche dagli omosessuali critici della società contemporanea; [125] la teorica queer Jasbir Puar ha definito come “omonazionalismo” la tendenza di alcuni gay bianchi a privilegiare identità razziale e religiosa e culti del consumo e, forse sottovalutandone la portata, ha rimarcato quanto certe manipolazioni siano “disperate”. [126] Sarah Shulman, professoressa di Scienze umanistiche a New York, ha evidenziato come una facciata di modernità permetta di perpetrare la violazione dei diritti dei palestinesi, incalzando sull’islamofobia e rappresentando i musulmani come “fanatici omofobi”, disconoscendo i contributi delle associazioni palestinesi quali Al Qaws, il cui direttore Haneen Maikay afferma: «quando si passa attraverso un checkpoint, non importa quale sia l’orientamento sessuale del soldato».

Aeyal Gross, professore di diritto a Tel Aviv, afferma che dalla metà dello scorso decennio si è diffuso un opportunista per cui «i diritti gay sono diventati sostanzialmente uno strumento di pubbliche relazioni». The Jewish Daily Forward riporta i dati della campagna Brand Israel, inaugurata dal governo dal 2005 con la consulenza di spin-doctor americani, che ha sfruttato i gay per riposizionare la sua immagine. Secondo Ynet nel 2009 l’ufficio del turismo di Tel Aviv ha speso circa 90 milioni di dollari per promuovere la città come meta turistica gay internazionale. L’anno successivo la Lucas Entertainment ha girato il porno Uomini d’Israele in un antico villaggio palestinese, e nel maggio 2011 il nazionalista Nethanyahu, esponente del partito conservatore Likut, ha detto al Congresso che il Medio Oriente è «un luogo in cui le donne vengono lapidate, i gay vengono impiccati, i cristiani sono perseguitati», omettendo che le pozioni ufficiali del suo partito continuano a osteggiare gli omosessuali.

Nuove formazioni di destra, dopo aver arruolano nelle proprie fila numerosi gay, lesbiche e trans, estremizzano i rischi dell’immigrazione e fanno leva su una nuova versione della paura dell’altro, basata sull’incapacità di distinguere tra islamici e jihadisti. Nei Paesi Bassi c’è l’esempio di Geert Wilders, erede dell’assassinato leader gay anti-immigrazione Pim Fortuyn, il cui Partito per la Libertà è la terza formazione politica del paese. In Norvegia, Anders Behring Breivik, l’estremista che nel luglio 2011 ha massacrato 77 persone, ha citato come ispiratore Bruce Bawer, scrittore omosessuale americano critico verso l’immigrazione musulmana. Molte associazioni gay inglesi e tedesche hanno posizioni razziste e xenofobe. [127] Diversi settori dell’estrema destra riscoprono questa vocazione criptocapitalista e abbandonano le tentazioni di pensatori esigenti quali Julius Evola, estimatore della cultura musulmana e anticristiano, i cui studi di metafisica sessuale palesano l’assenza di considerazione positive nei confronti dell’omosessualità, pur se ne conosceva alcune applicazioni magico-rituali. Queste, diffuse in diversi culti dell’antichità, hanno coinvolto anche un personaggio controverso come Aleister Crowley, la cui ispirazione gnostica e tantrica si innesta su elementi quali l’uso di droghe, il culto dell’eccesso, il libertinismo sfrenato, pur mantenendo fermo lo scopo di ottenere una «speciale fortificazione del volere». [128]

A parte casi speciali, omosessualità e pederastia sono esecrati da coloro che sono inclini a considerare il sesso da una prospettiva tantrica, per cui pur se è sganciato, oltre che dalla riproduzione, dalla stessa emissione di seme, è profondamente intessuto della polarità maschile/femminile. Il cristiano gnostico Samael Aun Weor assimila i rapporti tra congeneri a masturbazione e adulterio, frigidità e prostituzione, crimine e stregoneria, forme con cui l’impulso sessuale si degrada per l’influenza dell’«infrasesso», collegato agli aspetti distruttivi del principio femminile, i cui nomi sono quelli delle prime mogli di Adamo, Lilith e Nahemah, avverse allo Spirito Santo e alla Madre Divina. Le persone sottomesse a tali influenze, oltre a distinguersi per orgoglio, fascino e crudeltà, si credono ineffabili e supertrascendenti, e nella loro opera di corruzione tradiscono gli aspetti sacri e magici del sesso. [129] La posizione, che presenta alcune somiglianze con la sistematica di Gurdjieff, assegna al sesso un ruolo imprescindibile ma ha un approccio assolutamente non libertino; sostiene l’esigenza di un discernimento intuitivo capace di prescindere dal ragionamento e, attraverso il lavoro su stessi e il risveglio  dell’autocoscienza, si propone anche degli obiettivi di cambiamento sociale. [130]

Dal ragionamento si prescinde spesso, e la protesta del giorno prima si risolve facilmente in un nuovo conformismo. In Italia si è iniziato a prendere di coscienza di questo con la dissociazione di circa 50 associazioni dal Gay Pride del 2010, che hanno criticato soprattutto i toni “stereotipati”, “baracconi e carnevaleschi” con cui la manifestazione è stata ufficialmente promossa. Gli spot con la trans al mercato o la checca di fronte alla tv suggeriscono una netta adeguazione all’esistente. Altri argomenti di dissenso sono l’indulgere in vittimismi che ignorano i risultati ottenuti dal movimento e l’ossessione della sicurezza che non riconosce l’esigenza di maggiori diritti: atteggiamenti piuttosto inflazionati e conformisti che sembrano venir meno all’esigenza di riconoscere percorsi e intersezioni d’identità e differenze. Le cose cambiano, i rapporti si modificano: accettarlo è necessario, e che non lo facciano proprio i “diversi” è paradossale. [131] La protesta delle diversità sessuali sembrerebbe ormai assorbita dal sistema ed esserne ormai pienamente funzione, molto oltre il “reciproco usarsi” costitutivo alla politica. Pertanto, vecchi e mai estirpati pregiudizi contro gli omosessuali condividono il campo con nuovi stereotipi che assimilano in una presunta unica identità gay pratiche molto diverse per intenti, esiti e orientamenti, e spesso in competizione.

La situazione è arrivata ad incandescenza nel settembre 2013 con la tempesta provocata dalle dichiarazioni dell’amministratore delegato Barilla, azienda nota per le sue pubblicità di stampo vetero-familista, che sotto l’incalzare di un’intervista-trappola si è espresso rispetto al suo non interesse (poi rimesso in discussione) nell’impiegare gay per reclamizzare i prodotti: questo ha determinato da una parte l’insorgere di una sensibilità sociale spiccatamente a favore dei diritti per gli omosessuali, dall’altra ha messo in gioco una guerra pubblicitaria tra marchi piuttosto inquietante. [132] La vicenda ha evidenziato i grossi interessi che ci sono sull’immagine convenzionale degli omosessuali, la ricerca di egemonia sociale da parte della cultura gay, la diffusione di un’isteria che ormai scambia gli spot per la realtà. L’omosessualità non è più tabù, ma sembra perduta la condizione liminare che metteva le persone omosessuali in condizione di manifestare particolari eccellenze: in cambio abbiamo però una gay culture spesso futile e arrogante molto intenta a cercare consensi.

I gusti sessuali appartengono a una sfera personale inviolabile e tuttavia la sessualità è una questione culturale e politica. Confermando Foucault e superando le sue intenzioni, alcune ostentazioni contemporanee lo dimostrano nel modo peggiore, e nessuna sovversione di un sistema basato sullo sfruttamento sembra profilarsi. Le questioni di genere non sono l’anticamera della rivoluzione. Nel frattempo, l’omoaffettività si impone come questione prioritaria e il “diritto” rischia di riassumersi nel prenderlo e metterlo nel culo o nel leccare genitali stupefacentemente simili al proprio. Nel frattempo, un corpo-cosa manipolabile si impone all’immaginario sociale e diventa perfettamente funzionale al capitalismo finanziario e alla logica dei consumi, in un contesto culturale dove la tecnologia invade la coscienza, o quel che ne resta, conducendola irresistibilmente verso la negazione del proprio inconscio, e si pretende che un cazzo di gomma e altri aggeggi rappresentino la verità dell’uomo e che ormoni, bisturi, mutande e reggicalze facciano la donna tutta intera. E dato che la riproduzione può compiersi attraverso clonazioni, anche se solo per le pecore, o per spermi artificali, pur se soltanto per i topi, domani potremmo anche fondare movimenti per estendere agli umani queste pratiche, magari basandosi sull’accoppiamento interspecifico, perché ci sono pure le questioni di specie, attenzione.

Nel sistema di designazioni contemporanee, l’omosessualità ha ampiamente recuperato tanto gli aspetti di civilizzazione quanto di naturalità a lungo negatele; tuttavia, la proliferazione di generi, nel momento in cui mette in gioco lo stesso carattere performativo attribuito alla costruzione dell’eterosessualità, può condurre a forme di dominio anche più oppressive di quelle contestate. [133] I tradimenti di tante presunte emancipazioni sono evidenti: dove la trasgressione è ormai opportunistica tecnica di mercato e l’antagonismo si riduce a semplicistica monotonia, dove mercenariato, pornografia e comunicazione si alleano nell’esaltazione della masturbazione e nell’avvilimento di corpi e sensazioni, dove i media esibiscono stupri occultandone la propria complicità, dove i piaceri disordinati offendono ogni dignità, è proprio la sessualità domestica a mantenere sacralità, intimità, spregiudicatezza, sovversione.

Ci sorprende il Catechismo nel ricordare che tra coniugi la fedeltà indica l’impegno alla donazione integrale; [134] una forma di eroismo particolarmente spiccato è suggerita laddove il consenso a una «comunità di vita definitiva» è scelta senza prove e senza riserve, [135] in cui l’assenza di fecondità non preclude ad una vita «piena di senso» [136] occorre però anche chiedersi quante “libere unioni” a lungo termine hanno assorbito in forme secolarizzate questo tipo di impegno. [137] Mentre le varie forme della pubblicistica pinkwashing si dimostrano sempre più intolleranti e chiassose nelle loro pretese totalitarie, veniamo esortati a trattare con delicatezza e senza discriminazione la persona omosessuale, segno di «disordine» intrinseco nella sua assenza di complementarietà. [138] Questa mancanza, che può essere così radicale da venir negata in modi proiettivi a qualunque altra tipologia di relazione, va comunque compresa all’interno delle integrazioni permesse dal possibile ritrovamento dell’androginia psichica.

 

7. Finali e interstizi

La pretesa di modificare il mondo attraverso il linguaggio per affermare rigide identità esclusive si scontra con l’indicibilità delle stesse esperienze a cui è fatto riferimento e con l’esistenza di realtà sempre differenti, delle quali il linguaggio tenta di rappresentare le sfumature in maniera costantemente imprecisa. Un’identità è incessantemente plurale e rappresenta un compito, non un destino, infinite singolarità non permettono generalizzazioni e queste non spiegano il reale. Ogni categoria di persone merita rispetto e un necessario aggiornamento dei diritti di unione, proprietà e successione riguarda tutti e deve essere necessariamente tutelato contro l’introduzione di nuove discriminazioni. Occorre dare nuovi nomi alla realtà. Cercare di rendergli voce con l’ossessione del caso umano praticata dal giornalismo da rotocalco tardo-progressista non permette di trovare ragioni. Piuttosto, dobbiamo continuare a chiederci: cosa può venire dal sesso alla nostra conoscenza, e su quali assunti si basa il suo rapporto con il linguaggio?

Laddove «la civiltà industriale è possibile solo quando non c’è rinuncia» [139], l’indifferenziazione sessuale favorita da alcune delle condizioni della vita contemporanea è perfettamente funzionale ad un ordine economico che propaga l’ingiustizia sociale. Questo riscontro di Huxley è contestuale all’elogio di un’arte letteralmente «idiota» compiuto da uno dei Governanti: un’arte che non ha nulla da dire, ridotta a «sensazione pura», funzionale ad una realtà dove tutto è capolavoro per esclusiva autoesaltazione e ad una felicità «mai grandiosa» [140], specchio di un Mondo nuovo che si riconosce nelle parole d’ordine «comunità, identità, stabilità». Questa arte idiota trova oggi alcuni dei suoi esponenti principali negli spot del marchio Lady Gaga, che non a caso ha fatto del “diritto alla felicità” la rivendicazione principale del proprio marketing, e in quel campionario di stucchevolezze superficialmente emotive fini a se stesse rappresentato dalla performer Abramovich, idolatrata da tutti coloro per i quali anche mezza idea è ormai qualcosa di sconveniente.

Nel modello sociale di estrema omogeneizzazione articolato da Huxley, che qualcuno potrebbe anche considerare desiderabile e ottimale, in osservanza al principio che «ognuno appartiene a tutti gli altri»; ogni forma di relazione affettiva esclusiva e capace di smuovere emozioni profonde è considerata eretica e pericolosa. Le suggestioni su cui si basano gli ordinamenti sociali del Mondo nuovo sono indotte principalmente attraverso lo strumento dell’ipnopedia, molto simile alla programmazione neurolinguistica; nella nostra realtà i condizionamenti si impongono soprattutto attraverso le mode e si sommano alla diffusa tendenza all’autismo personale, portando a una superficiale e annoiata trasgressione basata sulla sottomissione al consumo e non su una ricerca di libertà. Il godimento piatto e obbligato si accompagna a un’atonia sensitiva irrimediabile, che di emancipato non ha più nemmeno l’apparenza.

Huxley termina il romanzo sulla figura del Selvaggio, un figlio del Mondo nuovo nato in cattività, quindi non in provetta ma da donna, e avvezzo a citare a memoria le opere di Shakespeare, generalmente proibite, così come ogni altra lettura. Questo strano selvaggio di marca vittoriana sceglie quindi di vivere in un ritiro destinato però a essere infastidito dai media, per essere infine funestato dal suicidio della donna con cui non aveva consumato una passione resa a lui impossibile dall’attitudine sfacciatamente libertina di lei. Il rifiuto del Nuovo Mondo da parte del Selvaggio è totale: «Non ne voglio di comodità. Io voglio Dio, voglio la poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la bontà. Voglio il peccato. […] Reclamo il diritto di essere infelice.» [141] In scritti critici di qualche anno successivi, l’autore chiosa: «La filosofia ci insegna a non essere mai sicuri delle cose che sono di per sé evidenti. La propaganda, all’opposto, ci insegna ad accettare come assiomatiche certe cose su cui la ragione vorrebbe che si sospendesse il giudizio, e intervenisse il dubbio.» [142]

Orwell conclude 1984 nel pessimismo totale: il protagonista Winston scopre che la sua ribellione era completamente manipolata e che l’amante con cui si era coinvolto nel reasesso (crimine sessuale) era una spia. Tuttavia, così «ogni cosa era a posto, ora, tutto era definitivamente sistemato, la lotta era finita. Egli era riuscito vincitore di se medesimo. Amava il Grande Fratello.» [143] Se l’idiozia è alla base del controllo sociale, da sola non basta: c’è da parte della popolazione un’enorme componente di compiaciuta disponibilità ad essere manipolati, che corrisponde ad un’inibizione controllata delle proprie capacità mentali induttive e deduttive, che porta – e qui parafrasiamo appena l’autore – a non cogliere le analogie, a non percepire gli errori logici, a equivocare gli argomenti più semplici, a provare avversione verso qualsiasi tentativo di elaborare una dialettica di pensiero capace di portare oltre la supina accettazione dell’esistente. [144] Consideriamo che il conoscere a molti non interessa affatto, e inoltre sembra tornato essere un peccato mortale: tuttavia, è condizione del nostro esistere, laddove questo sia qualcosa di più del rispondere ad altri imperativi.

Diffondere il criterio assolutizzante della felicità personale permette al potere di propagare l’istupidimento collettivo. Lo suggerisce Bradbury in Fahrenheit 451, laddove l’apostolato contro libri e ricerca di significati è proposto in questi termini: «se non vuoi un uomo infelice per motivi politici, non presentargli mai i due aspetti di un problema, o lo tormenterai; dagliene uno solo; meglio ancora, non proporgliene nessuno.» [145] Il protagonista Montag, che da poliziotto deputato all’incenerimento dei libri diventa protettore del sapere, unendosi ai ribelli impegnati a mandarli a memoria, esprime anche un disinteressato quanto paradossale affetto per la moglie, da cui subisce peraltro la denuncia che porta alla distruzione della loro stessa casa. L’episodio ricorda che la medesima relazione può essere asimmetrica, inautentica e oppressiva per uno e sincera e d’apertura per l’altro: tuttavia, a tali condizioni non si articola un rapporto capace di coinvolgere l’intimità, ma soltanto una coesistenza funzionale ai condizionamenti del potere. Molti “amori” d’ogni tipo si esauriscono in dipendenze, bestialità ed espettorazioni: senza padronanza di sé e libertà interiore non c’è dono di sé, manca l’unione dove ognuno diventa uno. Bradbury chiude la narrazione associando il mito della Fenice che rinasce dalle ceneri alla storia dell’umanità: nei versi de La canonizzazione (ca. 1603), John Donne aveva ricollegato alla Fenice la rigenerazione degli amanti: «L’enigma della Fenice da noi/ s’illumina: e poiché noi siamo uno,/ lo siamo entrambi. Così ad una sola/ neutra cosa i due sessi si accordano:/ come quella moriamo, e risorgiamo, noi/ fatti misteriosi in questo amore.» [146]

Secondo le coordinate della nostra cultura, il linguaggio è la condizione del costituirsi della sessualità, ma l’androginia psichica precede il linguaggio. Franz von Baader individua nella frattura tra i due racconti manoscritti della Genesi il momento decisivo in cui Adamo nomina gli oggetti del mondo empirico. Il linguaggio non chiama alla presenza l’essenza delle cose, ma piuttosto ne evoca lo spazio, segnando la separazione di soggetto e oggetto. Dare nomi agli animali rompe l’integrazione androginica tra principio maschile e femminile che si esprime prima del peccato originale e che rappresenta la “preistoria” della coscienza, il momento sensibile dell’intelletto. In questo mondo paradisiaco, non c’è linguaggio: il mondo è un corpo che conosce se stesso, e la piena integrazione tra maschile e femminile interrompe la caduta della creazione provocata dal peccato di superbia di Lucifero, materializzando “terra” (Grund) e “sostrato” (Substanz). Sono questi i principi maschile e femminile che successivamente al peccato di Adamo di conferire i nomi al creato si scindono e pervertono natura e rapporti: le caratteristiche di attività e ricettività degradano a dispersione e ristagno, le loro relazioni conoscono contrapposizioni e adulteri. I sessi esprimono l’ancoraggio alle forme materiali, destinate a scomparire nel loro stesso costituirsi, dove il linguaggio e il tempo le chiamano alla presenza solo per vederle sparire. La caduta della materia e il degradarsi del cosmo sono la nostra storia, nel quale il tema dell’androgino come possibilità di forme annunciato nella Genesi permane in maniere sotterranee quanto decisive, e nelle diverse modalità con cui emerge fornisce sostegno e annuncia redenzione. Ha avuto come nomi anche Madonna e Cristo: madre della conoscenza e figlio della luce. [147]

Se l’abbraccio degli amanti è quello della realtà, accade pure che tentando di aprirsi ad altro ci si rispecchi in immagini di sé che possono offrire solo quanto è assente. In questo modo, continuiamo a cadere, eppure questo cadere ci apre lo spazio del nostro esistere e relazionarsi, nel quale possiamo scoprire l’errore come condizione di una libertà capace di trascenderlo. La reciproca implicazione dei generi rende il sesso: afferma Otto Weininger che maschile e femminile sono archetipi che sul piano empirico non si danno mai in forme assolute, ma sempre come «gradi intermedi», così come eterosessualità ed omosessualità sono compresenti in ogni individuo e niente affatto in esclusione o conflitto. [148] L’idea di Weininger non fu accolta da Freud, che pur avendo concepito l’idea di una bisessualità originaria lo sconfessò, sconsigliandogli pure di pubblicare il libro; da stimoli analoghi Jung elaborò la teoria degli archetipi maschili e femminili quale figure relative, poi sviluppata da sua moglie Emma. L’Animus è l’aspetto maschile presente nella psiche della donna, l’Anima l’elemento femminile della psiche maschile, da considerare quali figure elementari e primitive che anche all’interno della singola persona permettono la pensabilità dell’opposto e l’integrazione psichica. [149] Ci sono diversi modi di uccidere la possibilità di completarsi: i gusti sessuali forse contano fino ad un certo punto, ma se confinati a piacere, paura e vizio e allo stesso tempo presi troppo sul serio portano soltanto dolore e disperazione.

Nel nostro presente il dilagare di informazioni parziali costringe a galleggiare aggrappati come idioti ai tronchi di un’ignoranza nobilitata con il nome di “cultura”, proprio come prescritto da bispensiero e neolingua e ratificato dal politically correct. L’informazione è arrivata ad un grado d’entropia che porta all’assenza di significato: come se alla parola non possa più associarsi nessun contenuto e nessun concetto e lo spazio della definizione fosse destinato a rimanere vuoto. Tuttavia, questo vuoto si riempie continuamente di un flusso inarrestabile di notizie da cui emergono scorie che il sistema dell’informazione non riesce a metabolizzare, che se riconosciute possono richiedere quello sforzo di elaborazione che può metterci in grado di superare di riduzioni e passività mentali.

Tali materiali possono essere le questioni più comuni oppure i misteri più fitti, tutti gli eventi e le notizie in cui si può scorgere qualcosa che non quadra: singolarità irriducibili e universalità inevitabili da raccordare in modi impossibili per logica abbrutente del niente da dire e che piuttosto rendono necessarie spiegazioni articolate, l’impiego di dati e documenti, indagini sulle condizioni di possibilità, capacità di porre distinzioni. Con una poesia ancora viva, Epicuro diceva che negli interstizi tra le cose del mondo materiale vi erano gli dèi;  in maniera irriverente, nel culo di Mr. Wiggles, l’orsetto capace di ogni depravazione immaginabile, vivono delle magiche fatine coperte di cacca che discutono sul senso dell’esistenza e sulla realtà delle proprie percezioni: [150] in definitiva, negli spiragli che possono aprirsi in un flusso di insensatezze, le parole amore, libertà e conoscenza mantengono ancora un senso.

 

Alcune parti della sezione 2 e 3 sono state anticipate in alcune discussioni del gruppo Scritture di Linkedin tra settembre e dicembre 2013 

Fotografia: Claudio Comandini, ”Phallus dei” – Bologna, dicembre 2013

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[1] Neil Swaab, Mr. Wiggles, Fusi Orari, Roma 2007 p. 88)

[2] Dario Drago Forti – Neil Swaab, Addio a Mr. Wiggles, «Comicus» 25.12.2012.

[3] Michel Foucault, La volontà di sapere (1976), Feltrineli, Milano 19997, p. 7, 22.

[4] Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, §1455, p. 376

[5] Donatien-Alphonse-François De Sade, La filosofia nel buodoir (1795) Mondadori – I libri di Epoca, 1989, p. 32.

[6] Michel Foucault, La volontà di sapere, cit., p. 140.

[7] Michel Foucault, Storia della follia (1972), Rizzoli, Milano 1998, p. 450.

[8] Jacques Lacan, Kant con Sade (1963) in Scritti II (1964), Einaudi, Torino 1974 pp. 764-791.

[9] Slavoj Žižek, In difesa della cause perse (2008), Ponte alle Grazie, Milano 2009, p. 429, 262.

[10] Mario Perniola, Il sex-appeal dell’inorganico, Einaudi, Torino, 1994 p. 24.

[11] Immanuel Kant, Lezioni di etica (1924 – postumo) Laterza, Roma-Bari 1984, p. 191.

[12] Immanuel Kant, Metafisica dei costumi (1797), LAterza, Roma-Bari 200910, pp. 280-282.

[13] Immanuel Kant, Critica della ragion pratica (1788-1792-1797), Bur Milano 20066, p. 95

[14] Friedrich Nietzsche, Aurora (1881), Newton Compton, Roma 1981, pp. 169-172.

[15] Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male (1886) Newton Compton, Roma 19814, p.42.

[16] Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano (1878), Newton Compton, Roma 1988, pp. 483.

[17] Friedrich Nietzsche, Verità e menzogna (1873), Newton Compton, Roma 1981, p. 128.

[18] Jean Baudrillard, Perché non è tutto scomparso (2007), Castelvecchi, Roma p. 9.

[19] George Orwell, 1984 (1949), Mondadori, Milano 1982, p. 332.

[20] Ibid, p. 238.

[21] Ibid, p. 239.

[22] Mario Perniola, Contro la comunicazione, Einaudi, Torino pp. 41-42.

[23] Claudio Comandini, La Siria, l’informazione, la guerra, «Decostruire l’attualità» 20.09.2013.

[24] Naomi Klein, No Logo (2000), Baldini&Castoldi, Milano 2002, pp.143-151; Mario Perniola, Disgusti, Costa&Nolan, Genova 1998, pp. 21-32.

[25] Antonio Sanfrancesco, Kyenge dice sì all’abolizione di “madre” e “padre”, «Famiglia Cristiana» 4.09.2013.

[26] Nicla Vassallo, Amare senza truffe, tra sesso, genere e oltre, «Mente Locale» 16.09.2013.

[27] Judith Butler, Questioni di genere (1990), Laterza, Bari-Roma 2013, p. 13.

[28] Ibid, p. XX.

[29] Ibid, p. XXX-XXXI.

[30] Ibid, p. 209.

[31] Ibid, p. XXVI.

[32] Ibid, p. 195.

[33] Ibid, p. 7.

[34] Ibid, p. XVIII.

[35] Ibid, p. IX.

[36] Ibid, p. 72.

[37] Ibid. p. 93-96.

[38] Ibid, p. 134.

[39] Ibid, p. 183.

[40] Ibid, p. 197.

[41] Federica Giardini, Soggetto e Altro nel pensiero femminista, «Almanacchi nuovi» a.II n.2/3 03.1995, p. 49-63 [62].

[42] Judith Butler, Questioni di genere, cit., p. XXIII.

[43] Ibid, p. 103.

[44] Natalie Clarke, How will the pregnant man’s daughter thank him, «Dailymail», 24.05.2008; Simona Marchetti, Thomas Beatie, il primo «mammo», si separa, «Corriere della Sera», 20.04.2012.

[45] Paco Rego, Rubén: ‘Estoy embarazado de gemelos’, «El mundo» 30/03/2009.

[46] Neil Nagraj, Meet the world’s second ‘pregnant man’: Scott Moore, «Daily News», 27.01.2010.

[47] Beaumont Society in Confidence Breach: Equally Blessed and Cursed «No More Lost» 02.14.2012.

[48] Mirella Izzo, Oltre le gabbie dei generi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2012, pp. 41-45.

[49] Fabio Giovannini, Il sesso mutante nell’immaginario erotico occidentale, in AAVV, Sesso nomade, Datanews, Roma 1992, p. 17-26 [18].

[50] Ibid, 38-39

[51] Cambio di sesso, bloccare la pubertà nei bambini? Una manipolazione biologica, «La Nazione» 22.10. 2013.

[52] Maddalena Mosconi, Vogliamo cambiare il sesso ai bambini. Ma è proprio vero? «Huffington Post» 18.11.2013.

[53] Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Boringheri, Torino 1975, p. 23.

[54] Ibid, pp. 23, 75.

[55] Momon, Transessualità: un nuovo aiuto o un nuovo problema? «MenteCritica» 6.11.2013.

[56] Janet Shibley Hyde, The Gender Similarities Hypothesis, «American Psychologist» 09.2005, Vol. 60, No. 6, pp. 581–592.

[57] Elena Dusi, Sono quindici le vere differenze tra uomo e donna, «Repubblica», 5.01.2012.

[58] Wikipedia: Sindrome di Klinefelter.

[59] Wikipedia: Sindrome di Morris.

[60] SAIFP – Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, Dipartimento Chirurgia Generale e Specialistica.

[61] Mircea Eliade, Sull’erotica mistica indiana e altri scritti (1956-1964-1937), Bollati Boringhieri, Torino 1997, p. 36, passim.

[62] Padrogeny Manifesto Part I; Pandrogeny Manifesto Part II.

[63] La Lengua, Arts Bombast: Genesis Breyer P-Orridge, «Ribbon Around A Bomb»22.02.2013; Margherita Palazzo, “The Ballad of Genesis and Lady Jaye” a Berlino, «Sentieri Selvaggi» 28/01/2011.

[64] Mirella Izzo, Oltre la gabbia dei generi, cit., pp. 49-50, 121.

[65] Ibid, cit., pp. 63, 68, 111, 95.

[66] Marco Piazza, La teoria del gender: per l’uomo o contro l’uomo? «Campari&DeMaistre», 25.09.2013.

[67] Pino Lucà Trombetta, La confessione della lussuria, Costa & Nolan, Genova 1991, pp. 11, 13-15, 32-33, 109, 117, 145, 154.

[68] Catechismo della Chiesa Cattolica, cit. § 2237, p. 571.

[69] Ibid, § 2339, p. 572.

[70] Ibid, §2347 p. 573.

[71] Maro Perniola, Del sentire cattolico, il Mulino, Bologna 2001, pp. 45-46.

[72] Slavoj Žižek, Il cuore perverso del cristianesimo (2003), Meltemi, Roma 2006, pp. 64-65

[73] Gianfranco Proietti, Una trans chiamata desiderio, «Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia» n.16, 5/2012.

[74] Sigmund Freud, La negazione (1925), in La negazione ed altri scritti teorici, Bollati Boringhieri, Torino 1981, pp. 70-78.

[75] Wikipedia: Kimber James, 19.10.2013.

[76] Jean Baudrillard, La trasparenza del male. Saggio sui fenomeni estremi (1990) SugarCo, Milano, passim.

[77] Fabio Giovannini, Il sesso mutante nell’immaginario erotico occidentale, cit. pp. 17-26.

[78] Mario Perniola, Il sex appeal del bisturi, «Repubblica» 29.10.2009.

[79] Mario Perniola, Il sex appeal dell’inorganico, Einaudi, Torino, 1994, p. 4.

[80] Edmond Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica II (1913), Einaudi, Torino, 1976, pp. 538-555 Meditazioni cartesiane (1931) Bompiani, Milano 1988, pp. 113-

166; La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1954), Il Saggiatore, Milano 1987, pp. 107-108; Emilio Baccarini, La fenomenologia, Studium, Roma 1981, pp. 75-77.

[81] Slavoj Žižek, In difesa delle cause perse, cit., pp. 561-563.

[82] Vladimiro Polchi, La tratta delle transessuali, «Repubblica» 10.09.2010.

[83] Rev. William Cooper, Sesso Estremo, Castelvecchi, Roma, pp. 85-86,

[84] Jaques Lacan, La significazione del fallo, in Scritti II,  cit, pp. 682-693 [691]

[85] Thedor W. Adorno, Minima moralia (1951), Einaudi, Torino 1994, p. 105.

[86] Franco La Cecla, Modi Bruschi. Antropologia del maschio, Eleuthera, Milano, 2010, passim.

[87] Y, cromosoma in via di estinzione, «Le Scienze», 17.07.2009.

[88] Michel Foucalt, La volontà di sapere, pp. 137-140, 46-48.

[89] Neil Swaab, Mr. Wiggles, cit., p. 85.

[90] George Orwell, 1984 cit. p. 233.

[91] Judith Butler, Questioni di genere, cit., p. 195.

[92] Giovanni Molasch, Ikea formato omosex, ««L’Espresso» n. 36 a. LXI, 12.09.2013, p. 32.

[93] Rossanna Praitano, Diritti civili-diritti sociali, «Alternative per il socialismo», n. 4, 11.20007/01.2008 pp. 88-94.

[94] Ennio Trivelli, E se approvano il matrimonio gay «Linus» n. 578, 07.2013, p. 65.

[95] Tommaso Cerno, Il paese dei no gay, «L’Espresso» n. 36 a. LXI, cit.,, pp. 26-32.

[96] Claudio Comandini, Lucia Dalla e il sesso degli angeli, «Decostruire l’attualità» 17.05.2012.

[97] Francesco Amicone, Omofobia. Roccella: “Pd e M5S vogliono introdurre le aggravanti «Tempi» 12.09.2013. La Camera ha approvato la legge contro l’omofobia, «ilpost» 19.09.2013; Stefano Corradino, Legge omofobia, cancelliamo al Senato l’emendamento vergogna, «Il Fatto» 23.09.2013.

[98] Legge omofobia, Manif Italia dice no, «Tempi» 6.08.2013.

[99] Parigi, migliaia in piazza contro le nozze gay, «Corriere della Sera», 28.05.2013.

[100] Leone Grotti, Francia. No all’obiezione di coscienza per i matrimoni gay, «No Cristianofobia», 18.10.2014.

[101] Piero Ostellino, Gli errori della legge anti omofobia, «Corriere della Sera» 3.08.2013.

[102] Luca Sappino, Caro Cerno io non faccio spot, «Espresso online» 26.08.2013.

[103] Clemente Pistilli, La Bonino azzoppa il suo diplomatico gay, «La Notizia» 7.11.2013.

[104] Vincenzo Nigro, Più tutele per i nostri compagni, «Repubblica», 24.12.2013.

[105] Alessandra Moretti, Via i pregiudizi dalle unioni civili, «Huffington post», 10.01.2014.

[106] Papa Francesco, Documento preparatorio della III assemblea generale straordinaria del sinodo dei Vescovi sul tema: le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. 05.11.2013.

[107] Vito Sibilio, Un approccio filosofico al tema giuridico del matrimonio omosessuale, «Theorèin» 05.2005.

[108] Liza Mundy, Il matrimonio perfetto, «The Atlantic», su «Internazionale» n. 1007, 5.07.2013, pp. 34-41.

[109] Theodor Adorno, Minima Moralia, cit., 12-13.

[110] Gilles Deleuze – Felix Guattari, Millepiani (1980), Cooper-Castelvecchi, Roma 2003, p. 634.

[111] Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Feltrinelli, Milano 2013, passim; Massimo Recalcati, L’epoca senza Edipo, «Repubblica», 17.11.2012.

[112] Franco Buffoni, Di che sessualità sei, «Argo» n. 16, 06.2010, pp. 76-84.

[113] Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, cit., 17-55; Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile (1920), in L’Io e l’Es e altri scritti (1917-1923) – Vol. IX,Bollati Boringhieri, Torino 2000 pp 141-149.

[114] Judith Butler, Questioni di genere, cit., p. XXVI, 173

[115] Jacques Derrida – Jean Birnbaum, Sono in lotta con me stesso, «Le Monde», su «Internazionale» n. 561 5.10.2004.

[116] Giorgio Amben, Identità senza persona, in Nudità, Nottetempo, Roma 2009, pp. 79.

[117] Judith Butler, Questioni di genere, cit., pp. 171, 90, 182, 167.

[118] Claudio Rossi Marcelli, I vizietti della stampa: il mondo gay, «Internazionale» 4.11.2013.

[119] Pierpaolo Pasolini, Scritti Corsari, (1975), Garzanti 2008, passim.

[120] Giancarlo Ricci, Il padre dov’era, Sugarco Edizioni, Milano 2013; Armando Ermini, Recensione a “Il padre dov’era”, 21.05.2013 «maschiselvatici».

[121] Ernesto Galli Della Loggia, Le religioni che sfidano il conformismo sui gay, Corriere della Sera, 30.12.2012.

[122] Vittorio Cigoli – Eugenia Scrabini, Adozioni gay. La problematica psicologica. «Tempi» 3.02.2013.

[123] Mario Perniola, Berlusconi o il ’68 realizzato, Mimesis, Milano.Udine, 2011, p. 20.

[124] Slavoj Žižek, Leggere Lacan. Guida perversa al vivere contemporaneo, Bollati Boringhieri, 2009, passim.

[125] Pinkwashing, omonazionalismo e normalizzazione. Le contraddizioni dei Pride, 22.06.2013 «comunicazionidigenere».

[126] Jasbir Puar, Israel’s gay propaganda war, «The Guardian» 1.07.2010.

[127] Sarah Shulman, Israel and “Pinkwashing” «New York Times», 22.11.2014.

[128] Julius Evola, Metafisica del sesso, Edizioni Mediterranee, Roma 1969, pp. 93-97, 387-388.

[129] Samael Aun Weor, Il matrimonio perfetto (1950), Rabalù, Città del Messico, 1961, passim.

[130] Massimo Introvigne, Il ritorno dello gnosticismo,  SugarCo, Milano 1993, pp. 176-202; Le religioni in Italia: Chiese e movimenti gnostici. Samael Aun Weor: un’introduzione.

[131] Valentina Venturi, Imma Battaglia: finiamola con il boicottaggio, «Dì Gay Project» 06.2010.

[132] Barilla: “No famiglie gay negli spot”. È lotta fra marchi. Buitoni: “Da noi posto per tutti” «Repubblica» 26.10.2013; Caso Barilla: l’immaturità della comunità gay, «UCCR online» 0.10.2013.

[133] Judith Butler, Questioni di genere, cit. pp. 187;200

[134] Catechismo della Chiesa Cattolica, cit.. § 2364, p. 577.

[135] Ibid, § 2391, pp. 583-584.

[136] Ibid, §1654, p. 423.

[137] Ibid, §2390, pp. 583.

[138] Ibid, § 2357-2358, pp. 575-576.

[139] Aldous Huxley, cit., p. 211.

[140] Ibid, p. 197.

[141] Aldous Huxley, cit., p. 214

[142] Aldous Huxley, Ritorno a mondo nuovo – La propaganda sotto la dittatura (1958), da cit., p. 273

[143] George Orwell, cit. p. 327.

[144] Ibid, p. 237.

[145] Ray Bradbury, cit., p. 94.

[146] John Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, Einaudi, Torino 1971, p. 35.

[147] Franz Von Baader, Annotazioni al cap. II della Genesi (1808); Prefazione di L. Procesi Xella. pp. 447-466; p. 45-

[148] Otto Weininger, Sesso e carattere (1903), Edizione Studio Tesi, p. 61.

[149] Emma Jung, Animus e anima (1934-1955), Bollati Boringhieri, Bolati Boringhieri, Torino 1996, passim.

[150] Neil Swaab, Mr. Wiggles, cit., p. 83.

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