Virus

Un virus tecnorganico diffuso dagli schermi televisivi e dagli ipermercati ha invaso la realtà. Un racconto sull’infinita sterile autoriproduzione della politica italiana, dove è facile dimenticare ma impossibile procedere.

 

Sono rimasto solo io. Non ho potuto fare altro. In questo minuscolo paesino, che non esiste, non dico sulle carte geografiche, ma nemmeno sui segnali stradali, sono tutti morti. Li ho uccisi io. E pensare che ero venuto a vivere qui per stare tranquillo. Un placido borgo, poche case che danno sullo stesso cortile, il residuo di una convivenza di altre epoche, quando dipendere dagli altri non era una debolezza.

Erano trenta. Nessuno era più vivo da tempo. Già lo indicava il loro aspetto. Un’età indefinibilmente sospesa fra i tredici e i settantacinque anni, ridicolmente giovanili a dispetto dell’età, assurdamente seriosi nonostante la modesta rilevanza. Poi, quell’espressione stampata sui visi, un misto assurdo di furberia e demenza. E quegli insopportabili intercalare, «cribbio», «mi consenta». Ma vaffanculo, va’.

Così vischiosi da poter scivolare su ogni cosa, si aprivano prima in ampi sorrisi, e poi cercavano di incularti, in qualsiasi modo. Andavi al negozio di alimentari e ti vendevano i prodotti scaduti, dicendo che così stagionavano ed erano anche più buoni. Al bar, prendere un bicchiere significava farsi svuotare il fondo di bottiglie inacidite, elogiate come fossero riserva speciale. Nel caso, davvero frequente, in cui qualcuno commettesse palesemente una mancanza o una sgarberia, piccola o grande che fosse, era comunque e sempre colpa mia, ed ero quindi obbligato a scusarmi. Avere sempre ragione, invincibilmente, è una virtù che non si può avere in troppi.

Io cercavo di evitarli, mantenendo una rispettosa distanza, ma non bastava: non è conveniente usare buona educazione con le bestie. Poi i segni cominciarono a farsi sempre più evidenti. I più affettuosi si interessavano alla mia rara corrispondenza, comunicandomi loro stessi i contenuti, fossero pure quelli di semplici pubblicità. Alcuni, particolarmente audaci, usavano la mia macchina senza chiedere il permesso, adducendo fosse facile metterla in moto senza chiavi e ridendo perché non potessi permettermene una migliore. Tutti mi pisciavano sulla porta: ogni casa era la casa delle libertà, ed era giusto si facesse così, non potevo mica offenderli! Una volta che provai a far presente con una certa assertività che mi avevano decisamente rotto il cazzo con le loro sparate presuntuose e volgari, mi beccai pure una denuncia per diffamazione.

I pieni sintomi di quello che davvero stava accadendo si manifestarono quando, in preda alla libidine e credo ormai stanchi di accoppiarsi tra loro, presero a stuprare tutto ciò gli capitasse a tiro. Prima ne fecero le spese i miei gatti, e il più satrapo indicò il responsabile in qualche belva feroce, alludendo al manico del suo ventre. Successivamente, furono assaliti anche alcuni miei amici, che si erano avventurati a farmi visita ed avevano sbagliato portone. Una cara amica, alla quale non avevo osato neppure timidamente dichiararmi, fu presa, proprio davanti i miei occhi. Vecchi, bambini, donne, alcuni ragazzi, una famiglia di coetanei con lei al sesto mese. Trenta persone, feto compreso. Nemmeno troppe. Tutti morti. Perfetto.

So cos’è accaduto. Un virus tecnorganico diffuso dagli schermi televisivi e dagli ipermercati ha invaso la realtà. Prima ha agito sull’ipotalamo e la neo corteccia di cervelli ormai quasi inutili, alterando abitudini e percezioni, modificando i modi e i costumi di una popolazione di abulici telespettatori. Poi, attraverso la riprogrammazione del DNA, ha favorito l’assunzione di nuove personalità, con una progettualità comune, più consona al clima dominante. Qualcuno aveva anche affermato che l’intera operazione era stata fatta a fin di bene. Non vedo televisione, forse per quello ne sono scampato.

Ho saputo tutto da internet, facendo attenzione a scremare notizie da bufale. Ora però non so più cosa stia succedendo. Le vie di comunicazione sono rimaste bloccate poco dopo che la notizia della morte dell’originale ha fatto scattare nelle menti dei cloni latenti la piena manifestazione della loro nuova identità, implicita nel comune e pedestre ossequio nei confronti della comunicazione mediatica. Le caratteristche si sono quindi manifestate integralmente, cancellando di colpo le eventuali diversità di aspetto e capigliatura. Un comando ipnotico ha dato loro l’ordine di distruggere tutto ciò che gli si opponeva. La resistenza è stata minima. Molti problemi sono venuti dagli stessi cloni.

In alcuni posti, prima sono stati eliminati tutti quelli che cercavano di ragionare, poi i cloni si sono divorati l’un l’altro. Forse il popolo italiano è a rischio estinzione. Non è detto sia necessariamente un male. Le conseguenze sono imprevedibili. Gli esiti incerti. Tuttavia, già da tempo è così.

Clonazione indotta: in fondo, se una pianta può essere clonata per talea, non si può ottenere un risultato simile per innesto? Da tempo si è dimostrato soltanto un pregiudizio quello che separa il genere umano dai vegetali, e la scienza della memetica ha evidenziato che le idee si trasmettono per contagio. Poco importa se il clone viene male e se le idee si impoveriscono: non serve mica un umano perfetto, non serve affatto un’idea che abbia un senso…

Ora sto qui, in questo campo di cadaveri, aspettando che la neve rossastra si sciolga, permettendomi di dare fuoco a questi poveri corpi calvi e sfatti. Aspetto che qualcuno si avvicini, per eliminarlo. Ho imparato ad uccidere. È molto meglio che morire. Basta poco, e per ogni nuovo cadavere ci sono nuove armi da conquistare. Prima sapevo al massimo usare il coltello per affettare il salame, ma molti qui erano cacciatori. Mi hanno lasciato diversi fucili molto belli. Ed anche gli attrezzi agricoli possono essere utili.

Imparo cose nuove, divento altro. È la vita. Vado in ronda nei dintorni armato. Non c’è più molto. A volte mi avvicino all’autostrada. Non passano tante macchine. Quando ne vedo una, gli sparo per tenermi in allenamento. Non sento i giorni che scorrono. Comincia a piacermi tutto questo.

Sto sulla mietitrebbia a spargere resti di cadaveri sul campo. È un buon lavoro. Si avvicina una carcassa di automobile, mezza bruciata e piena di buchi. Si ferma. Ne scendono due persone, un uomo e una donna, dall’aspetto malconcio. Mi vengono incontro. A me infastidisce un po’ essere interrotto quando faccio qualcosa. Scendo dal macchinario. Indosso cartucciere e armi, da fuoco e non, ho le galosce da presidente operaio e un astuccio penico da capo tribale; per il resto sono nudo. Mi guardano strano, ma lui ha dei capelli che sembrano un parrucchino e lei gli somiglia: potrebbero avere fra i tredici e i settantacinque anni, si direbbe. Mi piacciono punto poco.

Mi parlano, mi dicono che la guerra sta finendo, che il virus è entrato in remissione. Non gli credo. Li faccio a pezzi e mi mangio sul posto le parti più appetibili. Ho peraltro fame, e poi è sempre meglio non perdere tempo. I resti li spargerò dopo. Visti così, sembrano davvero somigliarsi molto; comunque, le frattaglie si somigliano tutte. Asporto la testa di lei, recidendola per bene. Potrebbe divertirmi assai infilare il papocchio nella carotide e vederlo fare cucù dalla bocca: sempre meglio che starla a sentire sparare cazzate, a ‘sta puttana.

Vado al cesso per pulirmi. Allo specchio un uomo con dei capelli che sembrano un parrucchino, apparentemente fra i tredici e i settantacinque anni circa, mi sorride beffardo. Meno male che ho la mano destra libera, e molte armi. Gli sparo. Lo specchio va in frantumi. Ogni frammento riproduce la stessa immagine. Sangue si aggiunge al sangue. È inutile che io muoia. Ci sarà sempre un altro me stesso che prenderà il mio posto.

Pubblicato in “La notte in cui fu clonato il presidente”, Noubs, Chieti 2013.

Fotografia: Claudio Comandini, “Duplicazione” – Bologna, ottobre 2013.

  • urna

    Profilazioni predittive e comportamenti elettorali

    Denunciare una realtà e svelarne il nome, piuttosto che assecondare luoghi comuni, significa iniziare a trasformarla. Svelare l’ideologia implicita della digitalizzazione, e demistificare le illusioni di progresso sociale e di smisurata libertà di Internet, può contribuire a tutelare e proteggere […]

  • Tomas_particolare

    Frammenti di Tomàs

    «Speravo che si aprisse sotto di me un baratro, un inferno in cui nascondermi e da cui rinascere dopo molte generazioni.» In una città sul mare il sogno di un autocrate ambizioso e senza scrupoli sta per realizzarsi. L’apparizione di una […]

  • Old_City_of_Jerusalem

    Gerusalemme: guida possibile alla terra negata

    Dichiarazioni americane e conseguenze mondiali. Storia di una città, dei suoi popoli e dei suoi monumenti. Parcellizzazione dei Luoghi Sacri e parzialità dei poteri umani.   1. La città senza pace La storia ha già dimostrato quanto sia difficile pretendere, senza […]

  • Angel-o

    Le nature spirituali di Enrico Fraccacreta

    Enrico Fraccacreta è nato nel 1955 a san Severo (Foggia) da padre pugliese e madre emiliana. Compie i suoi studi universitari a Firenze e Bologna, dove partecipa al movimento del Settantasette. Laureato in Agraria, è appassionato di botanica. La natura, […]

  • paolo_pedrizetti_14_Maggio_1977

    Premonizioni del Settantasette

    Se forse gli anni settanta non iniziano con le rivolte del 1968 ma vi trovano la loro origine mitica, probabilmente finiscono come in una tragedia greca con il 1977. Segnala Nicola Tranfaglia che in tale pagina «in buona parte ignota […]

  • kalinin-lenin-trotzki

    Colpo di Stato in Russia

    Tra le testimonianze della rivoluzione russa, quella offerta da Tecnica del colpo di Stato, pubblicato da Curzio Malaparte a Parigi nel 1931 e dato alle stampe in Italia soltanto nel 1948, presenta la singolarità di metterla in sequenza con altre […]

  • Vetrata Palma di Montechiaro (AG)

    Piotr Merkurj: la pittura della luce

    Un pittore russo tra Oriente e Occidente. Pensare le icone, dipingere nel pensiero. Dialogo su luce e materia, forma e colore, spiritualità dell’arte, autonomia della cultura.   «Il disegno è una scienza se esplora l’anatomia con la precisione del tratto, una deità se suggerisce il […]

  • Catalogna_protesta

    Catalogna. La costruzione di un regno inesistente

    Dopo la fuga di Puigdemont in Belgio, accusato di ribellione, sedizione e malversazione insieme ad altri esponenti indipendentisti, e la sua dichiarazione di non presentarsi ai giudici di Madrid, si può considerare chiusa una prima fase dell’autoproclamatasi Repubblica di Catalogna. Questa, bocciata all’unanimità […]

  • olio_di_ricino

    I giornalisti americani e il giornalismo fascista

    Di fronte al fascismo, parte della stampa statunitense azzardò analogie con i protagonisti della propria epopea. Gli Stati Uniti si sentivano vicini all’Italia laddove, usciti dal loro isolazionismo soltanto con la partecipazione alla Grande Guerra, erano passati per un periodo […]

  • Fascist Architecture in Washington - Lisner Auditorium (1941-1943) by Faulkner & Kingsbury

    Affinità e divergenze tra fascismi e New Deal

    Una polemica apparsa recentemente sul The New Yorker a firma di Ruth Ben-Ghiat si chiedeva perché in Italia edifici legati al fascismo, quali il Foro Italico e il Palazzo della Civiltà Italiana (o del Lavoro), non venissero abbattuti. E nel […]