Cinque questioni su David Bowie

Fantascienza, società, religione, sessualità e arte nelle canzoni di un grande maestro.

 

In 2001: A Space Odissey di Kubrick un astronauta si perde nello spazio; qualcuno, piuttosto incerto nella carriera e negli affetti, vide la scena e cantò«Planet earth is blue, and there’s nothing I can do». Forse, pensava che potesse finire così, contemplando un’umanità smarrita nell’ignoto che si ostina a dominare. Successivamente, continuò a cambiare, approfondendo il rapporto con la speculative fiction: fu polvere di stelle a cinque anni dalla fine e quindi ribelle tra i cani di diamantecadde sulla terra e divenne poi ragazzo spaziale. Ora, ci informa di essere stella: non del pop o del porno, ma Blackstar, stella nera. Potrà mai morire davvero?

Nel 1969 Cygnet Committee, con le parole «I miei amici parlano/ di gloria, sogni non detti, dove tutto è/ Dio e Dio è solo una parola» e «Noi possiamo costringerti a essere libero», critica la svendita di se stesso in cui il movimento hippy, ubriaco di autocelebrazione, era già coinvolto. Nel 1995, No Control delinea la contemporanea profezia di un mondo senza speranza: «Ripiegati nel tuo angolo/ Non rivelare a Dio i tuoi piani/ È tutto corrotto/ Senza controllo.» È il 1980, e alla fine di It’s No Game (pt 1)«annoiato dagli eventi», intima di tacere. Forse, Dio è stanco di noi. E qual è oggi l’alternativa in un mondo che cambiando è diventato sempre più infimo?

Sembra che i vestiti del periodo di checca spaziale fossero cuciti da sua moglie Angela; altre leggende, da lui stesso alimentate, dicevano che l’avesse conosciuta perché andavano con lo stesso ragazzo. Rifiutò però di rappresentare un movimento gay ancora alieno da ogni ipotesi di unioni civili. Più tardi, indossando altri abiti, ammise con rammarico di aver sposato la prima moglie per farle ottenere il permesso di soggiorno, poi biasimò l’amore moderno. Convolato a nozze con la modella sudanese Imam, negò di essere omosessuale e anche bisessuale, pur essendo stato «terribilmente promiscuo». È sempre un buon affare il marketing dell’ambiguità?

Faceva sempre di testa sua e rifiutava l’opinione degli ignoranti, ma sapeva con chi consigliarsi. Pensava che l’arte non dovesse affatto essere comprensibile a tutti, pur trovando che quanto avessero da dire sulle sue canzoni fosse più interessante delle stesse. In un periodo di fervore nietszcheano, mentre tra una stazione e l’altra strambi e tossici lo adoravano, pensò di candidarsi a primo ministro. Oggi, gli slogan della pubblicità riciclano quelli della contestazione, dilagano dittatura dell’effimero e messianismi da buco nero: una strategia di mimetizzazione e disorientamento, capace di cavalcare con personalità ogni tendenza, può ancora avere efficacia?

E cos’altro ascoltare?

Fotografia: Claudio Comandini, “Portrait of a star” – Roma, gennaio 2016.

  • urna

    Profilazioni predittive e comportamenti elettorali

    Denunciare una realtà e svelarne il nome, piuttosto che assecondare luoghi comuni, significa iniziare a trasformarla. Svelare l’ideologia implicita della digitalizzazione, e demistificare le illusioni di progresso sociale e di smisurata libertà di Internet, può contribuire a tutelare e proteggere […]

  • Tomas_particolare

    Frammenti di Tomàs

    «Speravo che si aprisse sotto di me un baratro, un inferno in cui nascondermi e da cui rinascere dopo molte generazioni.» In una città sul mare il sogno di un autocrate ambizioso e senza scrupoli sta per realizzarsi. L’apparizione di una […]

  • Old_City_of_Jerusalem

    Gerusalemme: guida possibile alla terra negata

    Dichiarazioni americane e conseguenze mondiali. Storia di una città, dei suoi popoli e dei suoi monumenti. Parcellizzazione dei Luoghi Sacri e parzialità dei poteri umani.   1. La città senza pace La storia ha già dimostrato quanto sia difficile pretendere, senza […]

  • Angel-o

    Le nature spirituali di Enrico Fraccacreta

    Enrico Fraccacreta è nato nel 1955 a san Severo (Foggia) da padre pugliese e madre emiliana. Compie i suoi studi universitari a Firenze e Bologna, dove partecipa al movimento del Settantasette. Laureato in Agraria, è appassionato di botanica. La natura, […]

  • paolo_pedrizetti_14_Maggio_1977

    Premonizioni del Settantasette

    Se forse gli anni settanta non iniziano con le rivolte del 1968 ma vi trovano la loro origine mitica, probabilmente finiscono come in una tragedia greca con il 1977. Segnala Nicola Tranfaglia che in tale pagina «in buona parte ignota […]

  • kalinin-lenin-trotzki

    Colpo di Stato in Russia

    Tra le testimonianze della rivoluzione russa, quella offerta da Tecnica del colpo di Stato, pubblicato da Curzio Malaparte a Parigi nel 1931 e dato alle stampe in Italia soltanto nel 1948, presenta la singolarità di metterla in sequenza con altre […]

  • Vetrata Palma di Montechiaro (AG)

    Piotr Merkurj: la pittura della luce

    Un pittore russo tra Oriente e Occidente. Pensare le icone, dipingere nel pensiero. Dialogo su luce e materia, forma e colore, spiritualità dell’arte, autonomia della cultura.   «Il disegno è una scienza se esplora l’anatomia con la precisione del tratto, una deità se suggerisce il […]

  • Catalogna_protesta

    Catalogna. La costruzione di un regno inesistente

    Dopo la fuga di Puigdemont in Belgio, accusato di ribellione, sedizione e malversazione insieme ad altri esponenti indipendentisti, e la sua dichiarazione di non presentarsi ai giudici di Madrid, si può considerare chiusa una prima fase dell’autoproclamatasi Repubblica di Catalogna. Questa, bocciata all’unanimità […]

  • olio_di_ricino

    I giornalisti americani e il giornalismo fascista

    Di fronte al fascismo, parte della stampa statunitense azzardò analogie con i protagonisti della propria epopea. Gli Stati Uniti si sentivano vicini all’Italia laddove, usciti dal loro isolazionismo soltanto con la partecipazione alla Grande Guerra, erano passati per un periodo […]

  • Fascist Architecture in Washington - Lisner Auditorium (1941-1943) by Faulkner & Kingsbury

    Affinità e divergenze tra fascismi e New Deal

    Una polemica apparsa recentemente sul The New Yorker a firma di Ruth Ben-Ghiat si chiedeva perché in Italia edifici legati al fascismo, quali il Foro Italico e il Palazzo della Civiltà Italiana (o del Lavoro), non venissero abbattuti. E nel […]