Cul-de-sac

Dopo Parigi: ritrovare il verso.

C’è una vita ordinata dalla morte. Così il presente sembra configurarsi. Una sintonia da cercare tra un disturbo e l’altro. Da scrutare in piccole finestre virtuali, non propriamente esistenti, dove ogni forma è soltanto apparire pur pretendendo presenza. Niente deve essere estraneo al comprendere. Ora ascolto Serge Gainsbourg e Jane Birkin, leggo Al-Azraqī e Abu Bakr Naji. Ogni momento resta immobile, nel trascorrere inesorabile di un tempo infranto. Dovunque sia questo qui e questo adesso, io non ci sono, e nemmeno tu.

Dietro vetri piangenti la città immensa si distende sotto un cielo grigio. Le luci cominciano a brillare in lontananza annunciando una lunga oscurità. Due voci cantano “Je t’aime”: era molto tempo fa. Adesso siamo soli. La Mecca, il tempio al centro del mondo, fu schiuma sull’acqua prima che Dio onnipotente creasse il cielo e la terra: da essa fu spianato questo nostro universo. Egli sa quanto noi ignoriamo. Ora però non c’è terra, non c’è amore, Dio bestemmia in un bar. Forse solo i morti sono, tenaci più di questa vita introvabile.

Il potere è illusione: il potere è reale. Il momento giusto è quello in cui agisci: il momento è ora. Ma quando è l’adesso in questi tempi dilatati? Non è certamente la fretta a deciderlo; forse, nemmeno l’attesa, ma una congiuntura sempre possibile eppure ogni volta pronta a dileguarsi. Nessun gesto ci soccorre, troppe chiacchiere si affollano. Qualcuno dice di sapere tutto e ignora l’essenziale. Non è questo il momento. Io non ti ascolto, tu non mi senti. Noi siamo assenti, noi siamo l’assenza, noi non siamo affatto noi. Troppo sangue, nessun cuore.

È colpa dell’Occidente, è responsabilità dell’Islam. Gli americani sono il male, il danno è l’Europa; sono in errore i sunniti, gli sciiti sbagliano. I russi sì; i russi no; i russi forse. In lotta con i curdi in lotta tra di loro. Uscire dal Medio oriente non è possibile. Impossibile la guerra. La guerra è infinita. La civiltà di Satana ha stabilizzato il controllo nel proprio stesso collasso. La gestione della ferocia è l’amministrazione del caos. Non si può andare avanti, non si torna indietro. Le torri crollano ancora. A Parigi qualcuno continua a fuggire.

Fotografia: Claudio Comandini, “Strada bloccata” – Mirandola, agosto 2015.

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