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Relazioni e utenti. Borsa e social network. Contatti e amicizie. Differenza tra new economy e social business. Similiarità tra net economy e old economy. I primi tre giorni di contrattazioni. La Morgan Stanley gioca d’azzardo. Società cognitiva e inibizione di giudizio.
Si dice che la forza di Facebook sia nelle relazioni. Al maggio 2012, i numeri parlano di 845 milioni di utenti e 100 miliardi di amicizie. Il social network ha debuttato venerdì 18 in borsa per un totale di 100 miliardi: i calcoli permettono di comprendere che ogni persona legata al suo utilizzo può essere assegnato il valore di 1 dollaro e 3 centesimi circa. La quotazione di 38 dollari per azione dovrebbe portare un investitore a pagare circa 110 dollari per ogni utente: è una cifra piuttosto elevata, considerando che fino ad oggi il social network ha ottenuto da ognuno di questi al massimo 4 dollari. Stando ai dati che testimoniano l’indubbia diffusione ed efficacia del libro delle facce, sembrerebbe che le relazioni non soltanto costituiscano parte cospicua del capitale sociale, ma siano diventate a tutti gli effetti una macchina per fare soldi, in misura direttamente proporzionale alla loro virtualizzazione.
Così come esistono amicizie e conoscenze, e ambedue possono “arricchirci” in modi differenti, ci sono anche “contatti” e “amicizie”, da parte loro riferibili a differenti ordini simbolici e funzionali. La loro distinzione, attiva tanto a livello personale e concreto quanto nello spazio globale e virtuale della rete, può aiutare a comprendere la differenza tra la new economy e il social business. Facciamo così qualche ragionamento non soltanto economico.
I “contatti”, sviluppati nell’esercizio di una professione, sono parte integrante di un rete di connessioni basata su competenze capaci di progettare e di mediare, permettono possibilità di intervento e favoriscono la formulazione di nuovi rapporti tra sapere ed economia. Invece le “amicizie”, su Internet spesso richieste e date tanto per fare, possono manifestare quell’omologazione che consente allo svuotamento tipico della comunicazione di mantenere il proprio legame con il capitale attraverso lo sfruttamento finanziario della superficialità, ormai elevata a valore supremo. Facendoci guidare dal senso di tali rapporti, possiamo capire come cambia e come non cambia la struttura economica del mondo globalizzato.
I “contatti” possono essere visti come il tessuto connettivo della new economy, basata sull’impiego delle nuove tecnologie e su una visione del capitale in cui predominano le idee sulla produzione, i flussi di informazione sui beni materiali. La sua crisi, determinata dalla bolla speculativa del 2000, è stata dovuta soprattutto alle esagerazioni finanziarie delle banche d’affari della old economy che, come evidenziato anche dal filosofo Mario Perniola, ha così riaffermato il proprio predominio, inglobando e delegittimando le istanze del nascente capitale intellettuale. Dal canto loro, le “amicizie” compiacenti e prive di connotazioni caratterizzano in maniera marcata il social business, affermandosi in qualche modo quale criterio cardine della net economy, settore industriale della produzione di tecnologie digitali e di servizi dell’informazione, solidamente ancorata al capitalismo tradizionale.
Alla vigilia dell’ingresso in borsa di Facebook, gli artefici dei fiaschi finanziari del 2000, Ernst Malmsten e Michael Birch, avevano apertamente avvisato dei rischi di bolla speculativa. Nei primi 30 secondi di contrattazioni ci sono stati 82 milioni di azioni scambiate, e nei primi 5 minuti gli scambi hanno toccato i 4,5 miliardi. In apertura, il titolo è schizzato ad un valore di 43 dollari, per poi chiudere in modo non troppo incoraggiante il suo venerdì di esordio a 38,23.
Lunedì, secondo giorno di scambi, la delusione. I titoli di Facebook registrano una perdita del 13%, scendendo a 33,12 dollari, molto al di sotto della quota fissata. L’amministratore delegato Mark Zuckerberg passa a 17 miliardi di dollari contro gli oltre 19 di venerdì, con una differenza di 2,2 miliardi.
La terza giornata inizia con una perdita del 9% che procede verso il 15%, si profila il rischio di sfondare la cifra iniziale del 30%, va in fumo un quarto del valore di capitalizzazione. Per fare i conti della serva, in tre giorni sono stati bruciati circa 25 miliardi di dollari, passando da un valore potenziale di 100 miliardi a quello di 75. Fermiamoci qui.
Il mercato fa scontare gli effetti di una quotazione sopravvalutata, principalmente per il ridimensionamento delle proiezioni compiuto dalla banca d’affari Morgan Stanley che, con una caratteristica ambiguità relazionale, da una parte ha presentato la società come solida, dell’altra ne ha abbassato le stime. Conseguentemente, potrebbe essere calato anche quello che sembra essere il basso valore di borsa delle tantissime persone confinate nell’impero immateriale e diffusissimo creato da Zuckerberg. Insomma, le persone che stanno su Facebook valgono ora di meno.
Non sappiamo se tale deprezzamento coinvolga anche Priscilla Chan, consorte di Zuckerberg, sposata in una cerimonia blindata il giorno successivo allo sbarco in borsa, dopo nove anni di relazione che hanno visto anche la nascita e l’infanzia della “creatura” di Mark. A Wall Street, quelli che hanno investito troppo in fretta sulla base delle eccessivamente ottimistiche previsioni dell’ipo (initial public offering), devono fare i conti con il proprio rammarico, in attesa di qualche risposta su queste azioni così volatili, che avverrà certamente per vie legali, com’è tipico dei rapporti andati a male.
Facebook ti connette con le persone della tua vita e ti soddisfa come il sesso, fornisce una cornice alle tue esperienze e struttura la continuità della tua esistenza. Questo è quanto dice la promozione, e c’è chi ormai ci vive, chi ci passa il tempo in allegria, chi lo usa come una specie di telefono, scoprendo nuovi modi per relazionarsi e nuove difficoltà per uscire dal proprio bozzolo. Ed è poi anche una specie di registro, con cui cercare di fare soldi grazie alle facce degli altri.
La finanza continua a giocare d’azzardo, alla virtualizzazione dell’economia segue quella della socialità. La connessione globale sembra paradossalmente condurre tutti al dissolvimento definitivo. Nel frattempo, una legislazione sulla privacy è assente, il diritto d’autore si associa non alla tutela degli autori ma ai monopoli, e ad una “società cognitiva” ancora appena imbastita si tende a sostituire un mondo inibito da ogni giudizio, capace solo di reazioni semplificate del tipo “mi piace”.
Tuttavia, potrebbe pure essere che non piaccia poi così tanto.
Fotografia: Claudio Comandini, “Faceworld”- Graziana Morandi, maggio 2012.